Con
il canto gregoriano alle radici della cultura europea
San Gregorio Magno papa e san Benedetto abate: le sorgenti della Chiesa medievale
Due giganti di semplicità e rigore vissuti fra V e VI
secolo
di Adelaide Ricci
Messale per il Corpus Domini
(Napoli, 1450 circa)
Discendente da unantica famiglia senatoria e nato nel 540 circa, Gregorio
ebbe unistruzione sicuramente di alto livello; la sua ascesa politica
lo vide infine, poco più che trentenne, praefectus urbis di Roma
(carica paragonabile a quella di sindaco). Poi, però, donò le
sue ricchezze alla Chiesa e abbandonò la vita laicale dedicandosi ad
opere di carità e fondando monasteri. Nel 578 divenne per nomina del
papa (Benedetto I) uno dei sette diaconi di Roma e fu perfino inviato come nunzio
presso limperatore a Costantinopoli. Cessò il proprio ministero
di diacono nel 586 circa e si aggregò quindi alla comunità monastica
di S. Andrea ad Clivum Scauri sul Celio, che egli stesso aveva fondata
nella propria abitazione e che molto probabilmente seguiva una regola non strettamente
benedettina, bensì basata sulle cosiddette regulae mixtae, desunte
attingendo da diverse norme e pratiche. Questi pochi anni trascorsi nel monastero
furono da lui sempre ricordati come i più felici della sua vita.
Venne eletto papa per acclamazione nel 590, in un momento difficile specialmente
nellItalia attraversata dalle ondate successive della dominazione dei
goti, dei bizantini e infine dei longobardi; fra laltro, proprio in quel
periodo a Roma le epidemie avevano decimato la popolazione. Il suo pontificato
realizzò un progetto di espansione della latinità e della fede
che segnò tutta la storia seguente. Gregorio non era né teologo
né filosofo nel vero senso della parola, ma riunì in sé
peculiarità tali da meritargli lappellativo (con cui passò
alla storia) di Magno e che lo fecero proclamare dottore della
Chiesa: fu monaco, apostolo, maestro di disciplina, profondo conoscitore
del diritto romano, dotato di singolari facoltà organizzative.
Nel suo progetto di riassetto della Chiesa ebbe un ruolo ragguardevole la spinta
evangelizzatrice. Intorno al 596 inviò il monaco Agostino con una quarantina
di compagni a predicare il vangelo nellisola britannica, che dopo le invasioni
degli angli e dei sassoni era pressoché completamente pagana; a questi
pionieri è attribuita la fondazione del monastero di Canterbury, significativamente
dedicato ai santi Pietro e Paolo. Ma levangelizzazione fu rivolta anche
allinterno della Chiesa, specie nei riguardi degli illiterati che,
non conoscendo il latino, rimanevano in uno stato di istruzione non elevato
e non potevano fruire degli scritti contenuti nei codici: Gregorio non solo
promosse nelle chiese lutilizzo delle immagini (picturae) che permettevano
a tutti di leggere con gli occhi sulle pareti i testi biblici, ma
suggerì anche luso della lingua rustica ossia corrente (evidentemente
non il latino) nelle omelie ai fedeli e nei sermoni. Ancora, per avvicinare
e coinvolgere il popolus cristiano durante la pestilenza del 590, organizzò
una processione cittadina che coinvolse lintera Roma in un ordinato corteo
scenografico senza eguali, capace di unire laici e religiosi in una rappresentazione
mimata e cantata dellunità dei credenti.
La sua attenzione si rivolse anche al progresso delle strutture ecclesiastiche,
in senso tanto giuridico quanto morale. Perciò riformò il clero
arginando soprattutto il commercio venale di beni sacri, ma seppe altresì
amministrare il patrimonio della Chiesa in maniera oculata. Fu capace di fronteggiare
i longobardi e di stipulare accordi diplomatici. Scrisse diverse opere, fra
cui un Liber pastoralis curae (divenuto famosissimo) che dava consigli
ai vescovi nella loro missione pastorale. Nei documenti pontifici inserì
accanto al proprio nome la formula servus servorum Dei (servo
dei servi di Dio), che rimase elemento costitutivo del titolo papale (lo
è ancora oggi).
Fra le tante rappresentazioni medievali, una in particolare mostra la colomba
dello Spirito Santo che, posata sulla spalla di Gregorio, gli sussurra allorecchio
la salmodia liturgica, mentre egli prova a cantarla e la detta a due scribi:
questa iconografia è legata alla memoria delle riforme liturgiche operate
dal pontefice, che riordinò e codificò il repertorio antico introducendo
altresì modifiche nel canone della Messa, e a cui pertanto è stata
attribuita anche la paternità della monodia sacra cristiana ossia del
canto gregoriano, riconosciuto come autentica salmodia
della Chiesa.
Morì nel 604. Circa dieci anni prima, intorno al 593-594, aveva scritto
i Dialogi, che costituiscono la fonte principale sulla vita e le opere
del monaco santo più famoso del medioevo, Benedetto da Norcia, che allepoca
era morto da una quarantina danni.
Gregorio Magno con la colomba
dello Spirito Santo che gli detta la salmodia liturgica
Secondo la tradizione, alimentata principalmente dai ricordi gregoriani, Benedetto
nacque verso lanno 480 a Norcia, vicino a Spoleto, da una famiglia benestante.
Dopo aver studiato a Roma, disgustato dal disordine morale che opprimeva la
città si ritirò dapprima ad Affile, tra Fiuggi e Tivoli, poi (forse
nel 500) in una grotta (il Sacro Speco) a Subiaco, ove trascorse un periodo
di vita eremitica. Poiché accorrevano numerosi discepoli, fondò
dodici monasteri nella valle dellAniene, indi nel 529 si recò a
Cassino con alcuni confratelli e, dopo unintensa opera di evangelizzazione,
edificò il nuovo cenobio di Montecassino. Proprio in questo luogo Totila,
rex dei goti, giunse nel 546 per incontrare Benedetto, riconoscendogli
santità e virtù. E sempre nei pressi di Montecassino una volta
allanno il santo incontrava sua sorella, santa Scolastica, religiosa anchessa.
In quegli anni imperversavano le vicende della cosiddetta guerra greco-gotica
(535-553), intrapresa dai bizantini per il recupero dellItalia occupata
dagli ostrogoti. Benedetto morì probabilmente nel 547, prima che i conflitti
avessero termine.
Con la sua opera, questo santo ci aiuta a riscoprire i tratti del cristianesimo
antico anche come vitale elemento dellidentità europea; la sintesi
da lui operata tra spiritualità orientale e occidentale ci ricorda quanto
sia indispensabile anche oggi il contatto diretto con queste radici, come ha
significativamente sottolineato il Concilio Vaticano II (Decreto sullecumenismo,
15). Il 24 dicembre 1964 Paolo VI lo ha nominato patrono dEuropa.
Benedetto incontra sua sorella Scolastica
Il monachesimo medievale.
Per tutto il medioevo il monachesimo rappresentò una componente fondamentale
per diversi aspetti. Lintera vita sociale fu segnata dalla presenza dei
monaci. Fra le diverse esperienze, quella fondata da Benedetto ebbe come culla
la penisola italiana e si espanse successivamente in tutta Europa.
La diffusione del monachesimo in occidente era cominciata già dalla fine
del IV secolo, privilegiando la vita in comune (cenobio, da koinós
ossia comune e bíos ovvero vita) piuttosto
che le forme eremitiche. Le cosiddette regole rimasero a lungo eterogenee e
flessibili, unificando pratiche di origine orientale trasmesse per iscritto
e consuetudini locali; quella più famosa era lanonima Regula
Magistri (o Regola del Maestro).
La Regola di Benedetto, redatta a Montecassino fra il 530 e il 550, operò
una sintesi della pratica e della letteratura monastica precedenti; essa diede
un ruolo fondamentale alla comunità, costituente una vera e propria famiglia
retta dallautorità di un abate (ab in aramaico indica il
padre) e allinterno della quale doveva vigere una totale condivisione,
sul modello della comunità apostolica (tutto sia comune a tutti,
si legge negli Atti degli Apostoli).
Accanto alla preghiera, il monachesimo benedettino valorizzava il lavoro intellettuale
(imprescindibile era la pratica della lectio divina, lettura sapienziale
dei testi biblici) e manuale. Il famoso motto ora et labora non
è certo sufficiente a rendere conto dellesperienza benedettina
così complessa e feconda; peraltro esso non si trova nella Regola e,
come tale, è stato formulato soltanto nel secolo XVIII in ambiente bavarese.
Parametro fondamentale della vita del monaco era, piuttosto, la stabilitas,
concetto articolato che solo in parte si può identificare con la saldezza
morale: semplificando, si può dire che ciascun monaco doveva avere dentro
di sé il proprio luogo, paragonabile a una città ben
salda, che prefigura la civitas celeste, il cui valore assoluto è
lamore di Cristo (nulla anteporre allamore di Cristo,
Regola, 4, 21); allo stesso modo, i monasteri erano concepiti come anticamera
del paradiso, una sorta di isola angelica nel mondo.
I monasteri divennero centri importanti sia per leconomia rurale, organizzando
lo sfruttamento delle risorse agricole, sia per la trasmissione culturale, in
particolare grazie allattività degli scriptoria in cui i
monaci amanuensi trascrivevano i libri in forma di codice a carte rilegate (ma
il libro dellantichità era stato in forma di rotolo ossia di volumen,
da cui il termine volume).
Soppiantando in gran parte le regole monastiche precedenti, le comunità
benedettine maschili e femminili si diffusero rapidamente in Italia e poi in
Europa, divenendo anche strumento utilissimo per levangelizzazione dei
pagani.
Il pontefice Gregorio Magno diede particolare risalto al monachesimo benedettino,
a cominciare dal fondatore, cui dedicò il secondo libro dei Dialogi,
descrivendolo, secondo le norme dellantica agiografia, in toni elevati
ed avvolgendolo in una spiccata atmosfera di sacralità.
Gregorio, inoltre, indirizzò i monaci ad assumere un vero e proprio ruolo
di bonifica morale e materiale nel difficile quadro in cui si trovava
lintera Europa e lItalia in particolare, lacerata dalla conquista
longobarda.
Le vicende dei singoli cenobi intessono il quadro storico del medioevo; si pensi
che nel 577, nel corso della loro lenta avanzata lungo la penisola italiana,
i longobardi distrussero il complesso di Montecassino e i monaci in fuga verso
Roma salvarono il codice contenente la Regola di Benedetto.
Lespansione del cenobitismo benedettino si svolse in gran parte spontaneamente,
anche se felicemente inserita in un quadro di forze che almeno in parte la favorirono.
Si pensi, ancora, allimportanza rivestita dalle abbazie di Farfa, Nonantola,
San Vincenzo al Volturno, Novalesa (in Val di Susa), contemporanee alla ricostruita
Montecassino (717).
Nel cuore dei secoli medievali, la forma benedettina si legò alle sorti
dellimpero di Carlo Magno e dei suoi successori, che ne favorirono il
rafforzamento e ne decretarono la vittoria giuridica: nell817 le norme
benedettine vennero rese obbligatorie per tutte le comunità monastiche
dellImpero, che cessarono così di reggersi attraverso consuetudini
separate.
Dalla famiglia primigenia presero corpo diverse consuetudini regolari: cluniacensi
(sorti nel 910 presso il monastero di Cluny in Borgogna), cistercensi (monaci
bianchi dellabbazia di Cîteaux, istituita nel 1098), certosini (ordine
eremitico fondato nel 1084 nel massiccio desertico della Grande Chartreuse presso
Grenoble), vallombrosani (congregazione del monastero di Vallombrosa in provincia
di Firenze, approvata nel 1055) e camaldolesi (fondati a Camaldoli presso Arezzo
nel 1012 circa, in doppia forma sia eremitica sia cenobitica), che furono tutti
lesito di rivisitazioni e riforme della prima norma dettata da Benedetto.
Qualche spunto dalla Regola di san Benedetto.
(
) Non antepongano a Cristo assolutamente nulla.
(
) Prima di ogni altra cosa, devi chiedere a Dio con insistenti preghiere
che egli voglia condurre a termine le opere di bene da te incominciate (
)
(
) È tempo ormai di levarci dal sonno. Apriamo gli occhi alla
luce divina, ascoltiamo attentamente la voce ammonitrice che Dio ci rivolge
ogni giorno (
)
(
) Come cè uno zelo cattivo e amaro che allontana da
Dio e conduce allinferno, così cè uno zelo buono che
allontana dai vizi e conduce a Dio e alla vita eterna.
Benedetto incontra Totila
(S. Minato in Firenze, affresco di Spinello Aretino, secc. XIV-XV)
Un progetto dei Cantori Gregoriani
(risponde Fulvio Rampi, direttore del gruppo)
Cantori durante la celebrazione
della S. Messa
I Cantori Gregoriani si preparano a festeggiare il loro ventennio di attività.
Proprio nel 2004 ricorrono i mille e quattrocento anni dalla morte di san Gregorio
Magno (604-2004): il centenario offre un significativo spunto di riflessione
sul decisivo apporto che tale insigne personalità ha saputo fornire non
solo allistituzione ecclesiale, ma allintera cultura occidentale.
La spiritualità dei secoli medievali ha riconosciuto in Gregorio un punto
di riferimento senza uguali; lo stesso canto della liturgia, seppure non composto
da lui, riceve autorevolezza dal fatto stesso di essere definito gregoriano.
Al canto gregoriano è strettamente connessa la figura di san Benedetto,
padre dellesperienza monastica occidentale, nel cui ambito il gregoriano
ha preso forma ed è stato custodito quale inestimabile tesoro della Chiesa
e simbolo di unità dellintera Europa cristiana. Gregorio appositamente
si preoccupa di scrivere una biografia di san Benedetto, additandolo con insistenza
quale uomo di Dio e scoprendone così un umanesimo che si
prospetta essenzialmente come ricostruzione totale delluomo.
Lattenzione dei Cantori Gregoriani è ora rivolta in modo particolare
a questi due personaggi straordinari con un progetto di ampio respiro, denominato
appunto Benedetto-Gregorio, che sta raccogliendo consensi e richieste
sia in Italia (ad esempio Torino per la stagione di Settembre Musica,
Ravenna, Duomo di Firenze, Duomo di Perugia) sia in diverse parti dEuropa
(Bratislava, Magonza, Vienna, Parigi). La proposta prevede lalternanza
di brani propri del repertorio gregoriano e di frammenti recitati tolti dalla
vita di Benedetto opera di Gregorio; la voce recitante sarà quella del
noto attore Ugo Pagliai, che con vivo interesse ha aderito alliniziativa.
Ventanni di canto gregoriano, da quando Fulvio Rampi, allora giovanissimo
docente al Pontificio Istituto di Musica Sacra di Milano come successore del
valente Luigi Agustoni, riunì attorno a sé un gruppo di allievi
entusiasti e determinati, provenienti da diverse parti del nord Italia. Fu linizio
di una solida esperienza di studio, sorretta da ideali autenticamente condivisi
dal sodalizio. Gran parte dei cantori ha ottenuto il magistero in canto gregoriano
e lattività si è via via intensificata assumendo proporzioni
sorprendenti. Ad oggi si contano più di quattrocento concerti tenuti
in chiese e cattedrali italiane ed estere allinterno delle più
prestigiose rassegne, diciotto incisioni per case discografiche internazionali,
pubblicazioni, corsi in svariate località dItalia.
Mano guidonica
con gli intervalli delle note (Montecassino, miniatura fine XI sec.)
Domanda: Ventanni di canto gregoriano: come festeggerete levento?
Risposta: Abbiamo in programma per il prossimo anno alcune iniziative
e una pubblicazione. E vogliamo continuare i nostri studi e lattività
con il consueto fervore.
Domanda: Preparazione e impegno costante, certo. E un affiatamento non
consueto anche nella vita cristiana: mi sbaglio?
Risposta: No, coglie anzi nel centro. Il curriculum del gruppo, infatti,
è soprattutto ricco di unesperienza di amicizia sostanziata da
una comune passione per la promozione e la diffusione del canto gregoriano,
tesoro della Chiesa e della cultura europea. Ciascun cantore è a sua
volta direttore o organista nella propria comunità parrocchiale, vivendo
in questo modo attivamente la concreta situazione in cui versa oggi la musica
liturgica, fra buoni risultati e non poche difficoltà.
Domanda: Come è considerato, oggi, il canto gregoriano nella Chiesa?
Risposta: Il canto gregoriano è il più grande gesto
damore della Chiesa alla Parola cantata e celebrata. Come ogni vero gesto
damore, racchiude in sé anche la possibilità di non essere
compreso fino in fondo e perfino di venire travisato. Esso tuttavia rimane e
rimarrà sempre come possibilità alta e impegnativa per una comunità
di credenti che nel profumo della Tradizione sa riconoscere la forma della propria
fede.
Domanda: Al di là delle polemiche che spesso ingombrano largomento,
quale è lanima del canto gregoriano? come essa si rapporta al sentire
contemporaneo?
Risposta: Nulla è più fuorviante dellapprossimazione
che da troppo tempo invade tristemente anche e soprattutto lo spazio ecclesiale
nel dibattito su questi temi. Il gregoriano non pretende nulla: chi vuole più
o meno elegantemente escluderlo dalla vita della Chiesa lo può fare tranquillamente
contestandone lattualità espressiva e la non comprensibilità
per luomo di oggi. Ma la sua più vera comprensione è nello
spazio contemplativo: credo che la vera difficoltà di un suo riconoscimento
concreto nellodierna prassi liturgica stia proprio nellincompiuta
riflessione ecclesiale su questo punto essenziale. Per il gregoriano
vale il venite e vedrete,
molto più eloquente di tutti i (pre)giudizi. Il gregoriano è molto
paziente, sa continuamente stupire chiunque lo accosti con vero interesse.
Suonatore di organo e campane