Rivista Internazionale di Musica Sacra
EDITORIALE del n. 25 (I.2004)
22 novembre 1903 - 22 novembre 2003
Unoccasione perduta
(versione scaricabile formato "word")
Con un ritardo che probabilmente non ci sarebbe stato per un altro documento,
il 4 dicembre 2003 lOsservatore Romano ha pubblicato il chirografo
di papa Giovanni Paolo II Mosso dal vivo desiderio. È
una commemorazione accademica che si trascina stanca da una citazione allaltra
del motu proprio Tra le sollecitudini e di altri documenti magisteriali
sulla liturgia e la sua musica. (1)
La vistosa latitanza dellepiscopato in questa occasione sembra essere
il segnale esplicito che dice tutto il disinteresse di una parte autorevole
o solo autoritaria della Chiesa ufficiale nei confronti della
liturgia e della sua musica. Su poche e timide voci opprime oggi sovrano il
silenzio glaciale dellobitorio.
Ma la speranza è lultima a morire. Verranno giorni in cui si scoprirà
la novità dellantico, lattualità del passato. Alla
mia generazione nella massima parte delle chiese italiane non è dato
più di celebrare in canto gregoriano la liturgia. Dove si può
e come si può, nelle odierne catacombe della fede si tiene viva la fiaccola
del canto proprio della liturgia romana, in attesa di tempi migliori, di un
nuovo kairos.
La liturgia non è una bella idea con cui trastullarci e che possiamo
manipolare a capriccio. La liturgia è una realtà spirituale concretissima,
ha una vitalità intrinseca propria, continua paradossalmente ad esistere
anche al di qua e al di là delle singole celebrazioni. È sempre
presente perché incessantemente si celebra la liturgia celeste di cui
quella terrena è solo un pallido anticipo. È sempre attuale perché
è sacramento della presenza di D-i-o nella storia. La liturgia attende
soltanto di poter esprimere la fede nella forza dello Spirito con un canto che
non sia musica bensì preghiera, come lesperienza ecclesiale per
secoli ha elaborato e vissuto attraverso le melodie gregoriane.
Il canto gregoriano, sia chiaro, non esaurisce le potenzialità espressive
della Parola e lazione dello Spirito. Ben vengano altre proposte e linguaggi
musicali differenti. Ma siano preghiera e non esibizioni canore da discoteca
o peggio.
Certo silenzio sulla musica sacra non è che il grido disperato dimbarazzo
e smarrimento di fronte al vuoto culturale e spirituale del momento presente.
Non suscita sdegno. È solo un fatto triste, molto triste. Unoccasione
perduta.
___________________
(1) Nei giorni intorno al centenario del motu proprio,
l Osservatore Romano ha pubblicato contributi di EMIDIO
PAPINUTTI, La liturgia non può
fare a meno del canto (OR Domenica n. 925 del 23 novembre 2003, p. 6) e
di CRISPINO VALENZIANO,
Dal Motu proprio di san Pio X al capitolo della Sacrosanctum
Concilium sulla musica sacra (anno 143 nr. 274 del 27 novembre 2003,
p. 10). VALENZIANO aveva già
accennato ad alcuni aspetti della musica sacra nel contributo Il cammino
del rinnovamento liturgico. A quarantanni dalla promulgazione della Costituzione
conciliare sulla Sacra Liturgia (nr. 266 del 17-18 novembre 2003, p. 8).
A san Pio X e al Vaticano II si richiama GIUSEPPE
LIBERTO, Musica santa
per la liturgia. Considerazioni sullarte sacra contemporanea alla luce
del Concilio Vaticano II (anno 144 nr. 3 del 4 gennaio 2004, p. 8). Sarà
interessante tra qualche mese fare una rassegna di tutti gli interventi collegati
al centenario. Comincio a segnalare SEBASTIANO
LEOTTA, Nel centenario del Motu proprio
di S. Pio X Tra le sollecitudini, Liturgia 27, 2003,
nr. 180, 572-593 (panoramica sullattività nel campo della musica
sacra di Mons. Zaccaria Musmeci Marcellino [1864-1935]).
* * *
Ho sognato di essere un fattorino. Mentre portavo
in tipografia alcuni fogli confidatimi da un amico, sono riuscito a leggerli
e a imprimere nella memoria il loro contenuto. Il testo è stato intercettato
e censurato prima di poter essere stampato puntualmente sull Osservatore
Romano del 22 novembre 2003...
Diletti fratelli nellepiscopato!
Carissimi credenti in Cristo Gesù benedetto!
celebriamo oggi la festa di santa Cecilia, la martire venerata quale protettrice
della musica e, in particolare, della musica sacra. Mi rivolgo a Voi, oggi,
con un certo imbarazzo, cosa non usuale, ma tuttavia inevitabile quando si affrontano
in modo schietto alcuni aspetti critici della vita ecclesiale.
Più volte nel corso del mio lungo pontificato ho avvertito lurgenza di rivolgermi a persone e a istituzioni estranee al cattolicesimo per chiedere perdono delle colpe di cui la Chiesa si è macchiata nel corso dei secoli, quasi sempre nel momento in cui ha anteposto alla fede in Gesù Cristo la fiducia nelle risorse umane, nei calcoli politici, nel profitto economico.
Oggi mi rivolgo a Voi tutti, figli della Chiesa, quale portavoce di questa madre che talora si è comportata da matrigna affliggendovi con pesi gravosi e punizioni inutili, privandovi del pane quotidiano dello Spirito a cui avevate diritto.
In campo musicale non si può non inorridire ancora di fronte allo sconvolgente e assurdo dilagare dellevirazione di migliaia di bambini innocenti e indifesi. Per secoli questa piaga ha insanguinato le contrade dei paesi più disagiati economicamente, a partire dalla patria del poverello dAssisi, il grande menestrello del principe Gesù. A queste popolazioni la madre Chiesa fa giungere la sua accorata domanda di perdono, nella consapevolezza che la piaga degli evirati cantori non si può spiegare e tanto meno giustificare nella prospettiva della maggior gloria di D-i-o: è semplicemente il frutto di riprovevoli atteggiamenti morbosi e patologici, quando la persona è accecata dalle cupidigie voluttuose e ricerca il godimento effimero, immediato, e dimentica la beatitudine evangelica che è donata nella storia presente ai poveri di cuore e ai perseguitati a causa del regno di D-i-o.
Negli ultimi decenni e anche durante il mio pontificato, ho assistito a un fenomeno ricco di ambiguità e deleterio per la Chiesa tutta. Penso a tante iniziative e a inediti cammini di evangelizzazione intrapresi in buona fede alla luce degli orientamenti conciliari. Purtroppo la buona fede da sola non basta. Sono rimasto travolto anchio e di questo oggi chiedo perdono a D-i-o e a Voi domando clemenza dalla mentalità secolare che si annida in tanti risvolti della vita ecclesiale. Mi opprimono sempre più, ad esempio, i molteplici segnali inquietanti lanciati dalla diplomazia e dalle banche vaticane, quasi che D-i-o non sia in grado di sostenere la sua Chiesa senza il puntello di quelli accorgimenti sociali a grande tasso di vischiosità, al limite del lecito legale, spesso sconfinanti oltre ogni criterio evangelico della rettitudine diamantina del sì sì no no.
Mentre da un lato, umilmente forte di una diuturna esperienza personale nelladorazione eucaristica, non mi stanco di affermare la centralità della preghiera e della liturgia nella vita del cristiano, con altre proposte ho di fatto scardinato alle basi il programma della sequela di Cristo. Ho permesso che le mode del mondo entrassero nel tempio con proposte sollecitate dalla paura di non aver séguito, suggerite dal bisogno di avere subito risultati rassicuranti. Oltre al vangelo, ho dimenticato quanto diceva nei giorni conciliari un mio sapiente amico, il card. Suenens: Chi sposa la moda oggi, domani è vedovo.
Ho favorito in tutto la moda del banale, lasciando che una marea di rumori bizzarri soffocassero le melodie gregoriane che prima di essere canto, sono preghiera. Perché? Per il semplice fatto, lho ammetto pure, che a un certo momento, come un amico fedele di D-i-o, il rabbino Abraham Joshua Heschel ha rilevato in campo ebraico, anche noi ci siamo preoccupati più di riempire di folla anonima i luoghi di culto invece di sforzarci con il massimo impegno a colmare il cuore dei fedeli con la Parola di D-i-o.
I fedeli da sempre sono assetati della verità di Cristo, tuttavia da sempre sono distolti da lampi e tuoni mondani che trascinano nella loro scia limacciosa ogni persona che non sia vigilante. Mi sono accorto, fratelli diletti, che la visione teorica del cristianesimo è stata annullata dalle mie scelte operative nel momento in cui ho di fatto permesso, tra le altre cose, lespulsione del gregoriano dalla liturgia e ho favorito, invece, il diffondersi di schiamazzi e sdolcinature che, al di là dellinconsistenza artistica, non sono in grado di orientare i cuori a D-i-o.
Il canto gregoriano è certamente legato a una sensibilità del passato, ma è unopera darte che sa trascendere i confini del tempo e delle culture. A condizione che lo si ascolti nellobbedienza della fede, con il cuore teso a percepire la Parola di D-i-o, senza pretendere chissà quale piacere estetico, pronti a seguire Cristo nello spogliamento della Croce.
Con interventi puramente teorici, con sole belle parole di elogio nei confronti del canto gregoriano ho contribuito a che si commettesse un furto che spero non sia irreparabile. Ho sottratto al popolo di D-i-o un bene che gli era stato dato dallo Spirito mediante la missione di tanti poeti e cantori che nei secoli hanno costruito quel monumento a D-i-o nel segno della bellezza. Anche per questo motivo tante celebrazioni, così mi si dice, sono momenti di alienazione nella noia e nello squallore che una prassi legalista non è in grado di riscattare.
Una parola è per voi, giovani di tutto il mondo che tengo stretti al mio cuore. A voi chiedo perdono perché non sono sempre stato il pastore sollecito e la guida prudente che cercavate in me. Sono stato vittima della mia senilità e ho cercato da voi le gioie legittime di un nonno che si lascia abbagliare e travolgere dalle sciocchezze dei nipotini. Ci sono spazi in cui la leggerezza della vita può espandersi nel divertimento e nella ricerca di nuovi linguaggi espressivi. Ma la liturgia non è un laboratorio sperimentale, è loratorio dove siamo chiamati ad ascoltare e ad accogliere la Parola di D-i-o nella preghiera e nelladorazione. Penso con rammarico a tutte le volte in cui tra voi sono stato più un nonno accondiscendente e bonario che un pastore solerte.
Penso con una tristezza alleuforia che ha pervaso tanti nostri incontri oceanici, spesso bolle di sapone scomparse nel nulla lasciando amare lacrime di cocenti delusioni. Penso alle vostre Messe, tanto vostre da essere denominate Messe dei giovani, sempre e ovunque piene di gioventù. È vero. E me ne sono rallegrato complimentandomi con voi. Purtroppo il nostro inganno e la vostra illusione sono messi in crescente evidenza dalla scomparsa, oggi, dallorizzonte ecclesiale delle migliaia di giovani che solo ieri affollavano il tempio da noi ridotto a locale di divertimento e di mera aggregazione sociale. Perdono per queste colpe della mia vecchiaia!
Vorrei, infine, sollecitare i pastori a ribadire con forza la centralità della vita liturgica e della sua musica nellesistenza cristiana. Lindifferenza verso la musica sacra è tanto più biasimevole in quanto tale atteggiamento di fatto nasconde un totale disinteresse verso la liturgia stessa. Dico liturgia e musica sacra, non parlo dei loro nefasti surrogati. Lautenticità dellesperienza liturgica non è confermata dallaccoglienza entusiastica del momento, dalla folla che fa ressa intorno allidolo del momento, anziano pontefice o giovane curato che sia. La liturgia è autenticata dalla carità che si fa operosa nel nascondimento ed è alimentata dal silenzio delladorazione. Silenzio da cui è nato il canto gregoriano mille e più anni or sono, silenzio che anche oggi è lunico spazio vitale in cui potrà prendere corpo il nuovo canto per la liturgia di domani.
Silenzio attonito e
orante, ascolto della Parola, canto della libertà dei figli di D-i-o,
carità operosa nel nascondimento: sono queste le fondamenta sulle quali
lo Spirito edifica la Chiesa nella famiglia e nella parrocchia, nei seminari
e nei noviziati. Fondare ledificio ecclesiale su altre realtà equivale
a costruire sul vuoto, su un baratro nascosto dal fragile velo dellillusione
falsamente rassicurante.
Perdonatemi, fratelli e figli! Mi conceda D-i-o laudacia filiale di rivolgermi
a Lui, sorretto anche dal canto delle vostre assemblee. Impegnatevi a trovare
le vie per ricuperare nel timore e tremore delladorazione il canto gregoriano:
guida sul nostro cammino di fede, luce che illumina le parole delleterno
Padre e del Figlio suo benedetto nella potenza soave dello Spirito. Amen!
* * *
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