L’ ORGANISTA: UNA RAZZA IN ESTINZIONE

di Luca Purchiaroni



Ma è proprio vero che nel nostro Paese c’è qualcuno che desidera la scomparsa degli organisti?
Ebbene, da come vanno le cose da un po’ di tempo a questa parte, sembra proprio di sì.

La figura dell’organista, quale praticante professionista, sta diventando sempre più evanescente, anche nelle grandi chiese di una città cattolica per eccellenza come Roma. Una città che per secoli ha potuto vantarsi della gloria di musicisti di fama mondiale, che hanno lasciato, con le loro composizioni, un’eco che ancora oggi ripercorre malinconicamente gli angoli delle nostre chiese. Risonanze che fanno rivivere, anche solo per pochi attimi, quelle grandi opere d’arte dei pittori, scultori e architetti che hanno lavorato per qualcuno che ancora li considerava dei professionisti.


Professionista è colui che esercita una professione, e cioè (stando alla definizione che ne danno i dizionari) una attività lavorativa svolta in modo continuato, che rappresenta la principale fonte di reddito. Quello dell’ 'organista', oggi, viene considerato un divertente e spensierato passatempo di una persona che, secondo questa strisciante opinione comune, dovrebbe guadagnarsi da vivere con un’altra attività. Ma chi conosce veramente la strada che bisogna fare per arrivare a fregiarsi del titolo di ‘organista’ sa benissimo che non si tratta di una passeggiata. Sa che le lezioni cui ci si reca non sono delle scampagnate domenicali, che il tempo quotidiano necessario per prepararle non si può ritagliare da altri impegni lavorativi, che i libri e tutto il materiale di studio non gli vengono regalati da nessuno, e che, soprattutto, è una strada senza fine.


E’ vero che la musica oggi è un’attività non più d’élite, come una volta, ma popolare; e che esistono dei metodi sbrigativi di apprendimento che la fanno vedere come un linguaggio estremamente facile, acquisibile da chiunque con un minimo impegno. Ma sicuramente si va incontro ad un generale impoverimento culturale se il dilettantismo si sostituisce al professionismo. Gli avvocati, i medici, i diaconi, sono mai arrivati a esercitare il loro mestiere dopo aver fatto un corso in ventiquattr' ore? Oppure l’attività di organista è considerata alla stessa stregua di un enigmista, un giocatore di bridge, un turista?


In teoria, un’attività per essere considerata una professione dovrebbe avere una utilità ed una dignità riconosciute dall’opinione generale, e questa è stata per secoli favorevole ad avere l’organista in chiesa (e lo è tuttora, all’estero).


Nella maggiorparte delle chiese, in Italia, si preferisce un dilettante, che sappia più o meno accompagnare qualche canto liturgico, ad un organista vero e proprio che oltre a fare questo, potrebbe valorizzare lo strumento (laddove ce ne sia uno), suonandolo con tutta l’arte che gli è stata tramandata dagli antichi maestri.


La giustificazione più ricorrente che certe chiese danno a questa scelta è :“Non ci sono soldi per pagare pure l’organista!”. Ma che significa pure? La spiegazione può essere solo questa: che oggi l’organista è considerato qualcosa in più, un lusso quasi superfluo per la liturgia che non sente più il bisogno della musica (almeno nella sua più elevata accezione); e che l’organo, lo strumento divino per eccellenza, se c’è, può andare a farsi benedire!


“Costa troppo di manutenzione, non ce lo possiamo permettere!” Allora dobbiamo pensare che un giorno tutte le chiese chiuderanno per evitare che s' impolverino, perché le pulizie non potranno più permettersele? Quando arriva un nuovo frate in un convento, non è forse una spesa in più da mettere in conto? Eppure non ci si pensa, perché anche lui è chiamato ad assolvere certi doveri. Ma anche l’organo, nelle mani di un buon organista, è pronto a compiere tutto il suo dovere cui da sempre è chiamato! L’organo è quel fratello in più in un convento, che prega insieme alla comunità, e prega due volte, perché canta (lo dice S. Agostino), con la sua voce sapiente e affascinante!


Sta scritto anche nella Bibbia di lodare Iddio con la musica. E non è forse un’offesa offrire una musica mediocre quando si può (aiutando allo stesso tempo la categoria dei musicisti di professione), offrire qualcosa di meglio alle Sue orecchie?
Il Concilio Vaticano II, anche se per molti versi rappresenta un arretramento culturale nei confronti della musica in chiesa, invita ad avere in grande onore l’organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere mirabile splendore alle cerimonie della Chiesa e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle realtà supreme (Sacrosanctum Concilium n. 120). E solo questo dovrebbe bastare al nobile strumento, per essere preso finalmente in giusta considerazione !

Insomma, oggi l’organista è un’ombra raminga che viene allontanata proprio dal posto che un tempo poteva essere considerato come la sua seconda casa, quando non era la prima. Stiamo assistendo alla sua lenta agonia e non si sta facendo nulla per salvarlo. A nulla vale l’esempio degli altri Paesi europei e statunitensi, dove egli continua a svolgere la sua professione in cambio di un salario dignitoso e molte volte anche di un alloggio.


Ma a questa tragedia se ne aggiunge un’altra non meno importante: si tratta della tutela e la salvaguardia degli organi antichi, questi tesori che continuano ad essere ignorati per dei motivi che a esporli si andrebbe incontro ad una serie di polemiche che non vale la pena affrontare, e che soprattutto questi strumenti non si meritano.
Non è affatto bello per un organista, ma neanche per qualsiasi altra persona sensibile, alzare gli occhi in direzione di certe cantorie per vedere questi antichi gioielli d’artigianato che tacciono nell’oscurità, con il loro polmone sgonfio, in balìa dei topi e della polvere. Pochi sono quelli che si sono riusciti a salvare, e che rimangono splendide testimonianze di un passato ancora vivo, quando la loro voce si unisce a quella dei fedeli per pregare insieme. Ebbene, l’organo non chiede altro.



 

 

Come la gloriosa voce dell’organo
alta in una sala sacra
sgorga pura dalle inesauribili canne
e ci desta il preludio nel mattino
poi ampio di navata in navata
fluisce il fiume della melodia
e ristora e la casa si fa colma
d’ispirazioni fino alle fredde ombre,
si desta allora il coro dei fedeli,
risponde, ascende al sole della festa.

(Holderlin)