ORGANI STORICI RIMINESI
recensiti dal maestro
Massimo Pacifero
nel quotidiano
La VOCE di Romagna
all'interno dell'inserto "Uomini, Mare e Appennino"
pubblicati qui per cortese concessione dell'Editore
LAVOCE
di Romagna
Rimini
Giovedì 10Novembre 2005
Scoprendo il suono antico dei Mulini
Continua il nostro viaggio alla scoperta
degli strumenti antichi
Massimo Pacifero
Nella Parrocchia di San Martino dei Mulini, nell'entroterra riminese,
giace semi abbandonato e senza nome un piccolo organo del settecento.
Oggi di quegli antichi mulini, che traevano il loro moto circolare dalla forza
delle acque del Marecchia, vi è rimasto solo il ricordo, e l'organo sembra
essere l'unico testimone di quei suggestivi giorni. Constatando alcuni
tratti peculiari dello strumento, possiamo prudentemente affermare che "l'Organo
dei Mulini" sia un prodotto della nostra locale arte organaria. Nella zona
infatti, attorno alla fine del XVIII secolo, operavano due nostri organari conterranei:
i fratelli Ricci da Verucchio. Nel XIX secolo l'organo è stato più
volte rinnovato, probabilmente sempre ad opera di organari del luogo come Pietro
Zanni di Rimini o, più probabilmente, Antonio Giulianelli di Monte Colombo.
A rinforzare questa tesi (pur sempre con il beneficio del dubbio) è la
dicitura "A.G. 1895" che abbiamo trovato scritta ad inchiostro sopra
la bocca di una canna di basseria. Nel XX secolo, fin prima della Seconda Guerra
Mondiale, lo strumento è stato poi completamente abbandonato a se stesso
ma, ironia della sorte, le sue più grandi sventure iniziarono proprio
dopo il tragico evento. Marmaglie di ragazzi sconsiderati, per gioco iniziarono
a depredarlo di numerose canne. In seguito, gli interventi di restauro "all'Organo
dei Mulini", sono stati eseguiti spesso in modo raffazzonato ed improvvisato,
stravolgendone definitivamente l'originaria fisionomia. Dopo decenni di numerose
trasformazioni e mutilazioni, l'organo fortunatamente (seppur in precarie condizioni)
è ancora funzionante. L'organo (un positivo con canne di facciata disposte
a cuspide, una tastiera di quarantacinque tasti e pedaliera di otto pedali)
giace sul pavimento in un antro ricavato dall'abbattimento di una parete in
occasione degli ultimi lavori di ristrutturazione della chiesa. Visto in quelle
condizioni, più che un organo, ci è sembrato di vedere un grosso
armadio. Tant'è vero che sulla parte sinistra della cassa è stato
fissato un appendiabiti (ed un orologio) sul quale il celebrante appende i propri
paramenti. L'organo è totalmente occultato alla vista dei fedeli, ed
il suono, a causa dell'insolita locazione, disattende le più elementari
leggi della fisica acustica. Ci avviciniamo con apprensione. Subito notiamo
i segni di interventi non proprio filologici: la tastiera è chiusa da
una piccola anta e, una volta aperta, troviamo una tastiera di fattura più
moderna con tasti in legno ricoperti in osso. Sei dei quattordici pomelli dei
registri sono di diversa forma, così pure alcuni occhielli per la chiusura
del somiere. Alcune parti per la diffusione dell'aria e altre parti lignee dell'organo,
sono state ricostruite con legno multistrato. Le meccaniche delle stecche non
sono tutte uguali, due sono aggiunte e servono, in ordine, i seguenti registri:
Tromba Bassi e Soprani, Principale, Vox Umana, Ottava, Flauto in duodecima,
Decimaquinta, segue poi il ripieno fino alla Vigesimanona, infine troviamo l'ottavino
e la cornetta. In totale tredici registri, più la Tromba al pedale. I
Tromboncini sono stati asportati, stessa sorte è toccata anche alle Campanelle.
I segni più evidenti di affrettati restauri li troviamo all'interno dello
strumento: le condotte dell'aria sono state realizzate con grossi tubi di gomma
saldamente fissate con fascette metalliche (né più né meno
di come quelli che usano tutt'ora i vignaioli per il travaso del mosto). Inoltre
il piede di una canna in legno tappata dell'ottava, è stata miseramente
riparata con del cartone, delle garze invece ne fasciano il corpo, e "dulcis
in fundo", della bambagia garantisce al vertice della canna la tenuta stagna
del tappo. L'unico documento dell'organo che abbiamo rinvenuto, incollato sulla
cassa fonoassorbente del motore elettrico, è un foglio scritto a macchina
firmato il 20 settembre 1972 dall'allora parroco don Tamagnini Serafino. Nel
documento apprendiamo che Padre Mario, Padre Romulado e fra Giuseppe "tedesco",
intervennero a diverso titolo all'ultimo restauro (compreso il trasporto dell'organo
dalla cantoria, posta sopra il portone d'ingresso, all'attuale posizione). Con
nostra soddisfazione notiamo che molte parti dello strumento, come le catenacciature,
le tavole di riduzione, il somiere principale, il mantice, la cassa e gran parte
delle canne sono tutte originali. E' per questo motivo che vogliamo dare
voce "all'Organo dei Mulini" lanciando un forte grido d'aiuto, nell'intento
di spronare l'attuale Parroco don Arcangeli Giuseppe (e quanti possano contribuire
ovviamente) a prodigarsi per il recupero di questo nostrano strumento, testimonianza
viva della locale arte organaria e punto di riferimento dell'intera comunità.
Sarebbe un dono gradito a tutti, entrando in futuro nella chiesa di San Martino,
poter riascoltare l'antico suono "dell'Organo dei Mulini".
LaVOCE
di Romagna
Rimini
giovedì 27 ottobre 2005
Un organo antico tra i segreti di Sant'Agostino
Le vecchie canne nascoste per decenni
di Massimo Pacifero
La chiesa di Sant'Agostino ci aveva gi abituati ai suoi segreti e alle sue affascinantiÊ scoperte; ma che dietro una porta segreta, incastonata in una parete rivestita in legno, abilmente occultata fra giochi geometrici e decorazioni varie si celassero da decenni vecchie canne d'organo, questa proprio non ce l'aspettavamo. Quando il Parroco, Don Dino Paesani, ci rivel il ritrovamento di alcune parti d'organo all'interno di un angusto nascondiglio, abbiamo avuto un tuffo al cuore. Tutti ricordano ancora il devastante incendio del 1965, data in cui and completamente distrutto l'antico organo Callido. L'apprendere la notizia del ritrovamento di alcune parti di un antico strumento, riaccese le speranze di molti. I primi ad accorrere sul posto furono Mauro Ferrante (Sovrintendente degli Organi Antichi per le Regioni Marche ed Emilia Romagna) e Catia del Baldo (responsabile dei Beni Culturali della Diocesi di Rimini). Purtroppo le poche canne ritrovate si rivelarono di lamina zincata, e l'unico manufatto in legno (munito di un grosso tuboÊdi metallo), probabilmente adibito alla conduzione dell'aria, era stato ricavato da materiali di fortuna. La delusione fu grande: non si trattava dei resti dell'antico Callido, ma del pi recente organo Werner Emanuel Renkewitz. La ragione per la quale, dopo l'incendio non vi sia rimasta traccia delle pregiate canne Callidiane, va ricercata nelle leggi della fisica: le canne del Callido, essendoÊ in lega di stagno e piombo, si liquefarono letteralmente gi alla temperatura di trecento quattrocento gradi. La vita di Renkewitz si incroci con la storia dell'organo di Sant'Agostino, fin dalla fine del secondo conflitto mondiale. Nel '45 a Bellaria fu allestito un campo di prigionia in cui furono rinchiusi all'incirca tremila tedeschi, fra cui il soldato Renkewitz. Pare che, nelle messe protestanti celebrate all'interno del campo, i detenuti sentissero fortemente la necessit di accompagnare i canti con la musica. Renkewitz, nella sua forzata permanenza, decise che bisognava fare qualcosa. Aiutato dai suoi compagni raccolse a s ogni tipo di materiale: casse di legno, bidoni, barattoli e costru... un organo! Alla fine dei lavori l'allora vescovo, bened lo strumento munito di una tastiera a quattro ottave, dodici registri e quasi seicento canne. Non un caso che da molti questo strumento venga conosciuto come "l'Organo dei Bidoni". Con il tempo Renkewitz si conquist la stima di molti, compreso la fiducia della Diocesi che gli concesse, nel 1947, il permesso di trasportare lo strumento all'interno della chiesa di Sant'Agostino presso la quale pot allestire un proprio laboratorio. Qui la sua vita si intrecci con il destino del Callido. Giuliano Venturini, oggi testimone di quegli anni lontani (al tempo vent'enne e assiduo frequentatore della Parrocchia di Sant'Agostino), ci raccont come lui, e altriÊ parrocchiani, fossero spesso incaricati di azionare i mantici del Callido. Sovente si divertivano a far tremolare i mantici dello strumento ottenendo cos il fastidiosissimo effetto a "singhiozzo" (oltre che al trambusto di rabbiosi calci dell'organista scagliati contro la consolle). Forse quelli furono gli ultimi suoni di quel meraviglioso strumento. Nella Parrocchia, Venturini ebbe l'occasione di conoscere Renkewitz. Quest'ultimo gli confid che per ottenere le misure della tastiera dello strumento da lui costruito, chiam fra tutti i prigionieri quanti suonassero uno strumento a tastiera, ne confront l'ampiezza delle loro mani nell'atto di suonare un'ottava, e infine, fece una media delle misure ottenute. In realt la tastiera risult un po' pi stretta. Renkewitz (racconta Venturini) affermava che per la costruzione del suo strumento aveva usato un "sistema nuovo", per il quale ad ogni tasto corrispondeva l'apertura di una serie di "somierini" (con questo termine si espresso Venturini). Forse, intuiamo noi, si doveva trattare di un organo a trasmissione pneumatica. In futuro RenkewitzÊ ottenne anche delle nuove commissioni, fra cui l'ampliamento del Callido di Sant'Agostino, e fu il disastro! A memoria d'uomo, nessuno ricord di averlo mai pi sentito suonare. Grazie alle ricerche di Andrea Angelini, stato possibile ritrovare l'unica registrazione audio "dell'Organo dei Bidoni", e di conoscere Michael Gruber, personaggio tutt'ora in contatto con i reduci del campo di concentramento. Oggi l'intenzione di questi sopravvissuti sembra quella di voler donare alla citt uno organo (questa volta vero!). Un dono che la citt accoglierebbe certamente come sincero segno di comune fratellanza,Êe in memoria dei caduti, ma anche (aggiungiamo noi) come gesto riparatore: tutti infatti rimembrano ancora la repentina partenza di Renkewitz per la Germania nel 1952, lasciando molti lavori incompiuti e senza farne mai pi ritorno (non prima per di aver riscosso una notevole somma dai propri acquirenti). Renkewitz era un'artista nel disfare e tagliar bidoni per farne canne d'organi, ma alla fine un bidone lo fece... e lo fece bello grande!
LAVOCE
di Romagna
Rimini
Sabato 13 ottobre 2005
Alla scoperta dello strumento di San Giuliano
Una "storia dell'organaria" scritta in pizzeria
di Massimo Pacifero
Qualche sera fa trasformammo una semplice serata fra amici in pizzeria, in una
cena di lavoro. Fu così che fra una pizza, una birra e un caffè
scrivemmo una breve storia dellorganaria della chiesa di San
Giuliano Martire, situata a sinistra del porto canale di Rimini, nellantico
borgo di mare della nostra città. Quella sera portammo con noi quattro
fotografie (gentilmente concesse dal Parroco Don Mario Antolini), raffiguranti
altrettanti testi redatti in latino e italiano antico su cartigli tuttora
incollati allinterno della seicentesca cassa dellorgano Sormani,
dentro la quale Pinchi costruì, nel 1995, lattuale organo meccanico.
Appena seduti proponemmo i quattro testi ai nostri amici commensali. Lamico
Enrico, memore di lontani giovanili studi classici, non ebbe difficoltà
a decifrare il documento più antico, stampato in latino: Opvus
Ioannis Paptistæ Sormani Ariminensis Anno M.DC.X.XI. Venimmo così
a conoscenza che Giovanni Battista Sormani, organaro riminese, costruì
nel 1621 il primo organo di cui si abbia notizia allinterno della chiesa
di San Giuliano. Nel XVIII secolo uno dei fratelli Ricci di Verucchio (Domenico)
costruì per lAbate di San Giuliano un nuovo organo meccanico: Hoc
Organum fecit Domenicum Ricci a Verucchio Gubernante R.mo P.D. Placido Frontorio
a Bononia Abbate S.Iuliani Anno 1779. Anche di questo strumento rimane
solo il testo di cui abbiamo appena detto. Ma, intanto ordiniamo pizze e birre
per tutti! acqua e coca cola per le donne... nessuno è perfetto! Nellattesa
ci avvaliamo anche dellesperienza di Daniele Salvatore, docente di contrappunto
antico presso il Conservatorio di Pescara. Già avvezzo a decifrare antichi
testi manoscritti sbiaditi dai secoli, riuscì a leggere, non senza qualche
esitazione, il terzo cartiglio, scritto in corsivo, a mano libera, quasi di
getto. Una volta letto si rivelò a noi una piacevole sorpresa: QuestOrgano
stato ristaurato col fagli i mantici nuovi la coperta di mezzo Somiere nuova
ed i trasporti del fiato nuovi ed impellati di nuovo i Canali di Bassi il sud.
Lavoro fatto da Gaetano Boninsegni Riminese per ordine del molto Rev.do Sig.re
D. Gabriele Ravegnani paroco di S. Giuliano lanno del Signore 1856 ai
18 di Giugno. Non potevamo che compiacerci nellannoverare fra i
nostri concittadini un nuovo organaro. Intanto lora si fece tarda, e gli
effetti dellappetito non ancora appagato, fecero deviare più di
una volta lattenzione dei nostri improvvisati grafologi verso fragranti
pizze destinate ahimè, ad altre tavolate. Freneticamente proponemmo lultimo
scritto: troppo tardi! La cameriera sfidando le leggi di gravità, propose
a noi alcune pizze in precario equilibrio. Al motto Desinare Necesse,
lasciammo carta e penna e brandemmo forchette e coltelli. Rifocillati, leggemmo
lultimo documento che, scritto in elegante calligrafia, con tanto di timbro
parrocchiale, ci regalò unultima sorpresa: 10 Agosto 1881
Il Sig.re Giulianelli Antonio Organaro di Monte Colombo ristaurò con
tutta precisione ed esattezza questOrgano per cura del Sig.re D. Gabriele
Arcip.e Ravegnani Ad perpetuam rei Memoriam. Scoprimmo così un
altro organaro dellentroterra riminese! non potemmo che brindare. Tutto
il resto è storia dei giorni nostri. Negli anni novanta una famiglia
benefattrice della parrocchia donò (pagando di tasca propria) lattuale
organo costruito nel 1995 Op. 404 dalla ditta Pinchi
di Foligno. Pinchi riutilizzò lantica originale cassa armonica,
ispirandosi sul modello del primo seicentesco organo Sormani. Lorgano
è un positivo, letteralmente incassato nella parete della cantoria, in
alto a destra dellAltare. Alle canne dei registri vi si accede dalla stanza
attigua posteriore, aprendo due pesanti ante poste dietro allo strumento. Sul
somiere (visto dallinterno) troviamo in ordine sette registri: vigesimaseconda,
vigesimanona, decimaquinta, Flauto in XII, Ottava, Voce Umana e, per ultimo
(con ventuno canne di facciata nella consueta disposizione a cuspide con ali)
il Principale. Nella stanza sono collocati anche i due mantici a cuneo a quattro
pieghe con stanga a leva (per lalimentazione a mano) e lelettroventola.
La tastiera scavezza è formata da quarantasette tasti con
copertina in bosso e frontalini con tre cerchi concentrici. I tasti cromatici
non sono smussati ma dritti con copertina in ebano. La pedaliera a leggio di
unottava, sempre collegata alla tastiera, è priva di registri propri.
Lo strumento è perfettamente funzionante e limpianto fonico si
accorda perfettamente alle dimensioni della chiesa. Lunico inconveniente
è il ridottissimo spazio disponibile nella cantoria: lorganista
è praticamente incastrato fra la balaustra e la tastiera. Lorgano
Pinchi di San Giuliano Martire, è sì un organo moderno
di ispirazione seicentesca, ma non per questo lo si deve considerare un falso,
anzi! è una copia dautore, un piccolo gioiello del passato costruito
nel futuro.
Rimini
Sabato 22 settembre 2005
La vita nuova dell'organo di Sant'Ermete
Venne progettato dall'organaro riminese
Pietro Zanni
di Massimo Pacifero
Evviva don Giuseppe Maioli, parroco della chiesa di Sant'Ermete. E proprio
grazie all'amore della musica che don Giuseppe si porta nel cuore fin da bambino,
da quando cioè pizzicò i primi suoni sul mandolino del padre,
che noi oggi possiamo riascoltare antichi suoni d'organo: dall'agosto del duemila
l'organo positivo della chiesa di Sant'Ermete, è tornato a far sentire
la sua voce forse ancor meglio (osiamo dire) di come lo aveva progettato lo
stesso Pietro Zanni, organaro riminese del XIX secolo. La passione per la musica
di don Giuseppe Maioli, supportata dal contributo economico della Diocesi di
Rimini, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, e dalle generose offerte
di tutti i fedeli della parrocchia, ha reso possibile il ripristino dell'originaria
fisionomia dello strumento. Il restauro, magistralmente eseguito da Mauro Baldazza
di Longiano, è stato realizzato sotto la supervisione del dott. Oscar
Mischiati (l'allora Ispettore Onorario per la tutela degli strumenti musicali).
L' organo positivo di cui parliamo oggi, esattamente il n. 10 del 1863 di Pietro
Zanni, in origine era collocato presso la chiesa parrocchiale di Vergiano poi,
negli anni settanta, fu smontato e trasferito nell'attuale chiesa parrocchiale
di Sant'Ermete. Nel suo breve viaggio, come per effetto di un terribile sortilegio,
lo strumento subì una tremenda metamorfosi: la parte inferiore della
cassa (probabilmente a causa dell'aggiunta dell'elettroventola e l'esclusione
di uno dei due mantici a cuneo) fu tagliata e ridotta di un metro; il registro
delle bellissime Trombe e del Clarino scomparvero lasciando il posto ad una
discutibile "Voce Umana"; anche le "Campanine" (o Campanelle)
assieme alle relative meccaniche svanirono nel nulla; intere tavole di legno
pregiato della cassa armonica si trasformarono in tavole di legno truciolare
e, per finire, le condotte dell'aria mutarono in tubi di plastica: materiali
di basso costo per un danno di grande valore. Un disastro! Ciò che venne
ricomposto nella nuova chiesa di Sant'Ermete fu una "creatura geneticamente
modificata" che, ovviamente, dopo qualche anno mostrò i primi cedimenti.
Nella relazione del sopralluogo eseguita dal Baldazza nel 1999, apprendiamo
che lo strumento era praticamente insuonabile a causa di trasuoni, perdite d'aria,
meccaniche ossidate, pessima intonazione, vibrazioni varie, rumorosità
diffusa, tavole di truciolare deformate dall'umidità ecc. Ma il nostro
giovane restauratore non si perse d'animo, e sotto la guida di due esperti del
settore come il dott. Oscar Mischiati e il M° Mauro Ferrante si mise subito
al lavoro. Dopo poco più di un anno ci riconsegnò uno strumento
non solo perfettamente funzionante, ma ricostruito in tutte le parti asportate:
nell'opera di restauro la cassa è stata ripristinata alle originarie
misure con tavole di legno di abete; il mantice è stato ricollocato nella
posizione originale, pitturato con terra rossa e rinnovato con pelli dello stesso
tipo usando esclusivamente colla animale riscaldata; le condotte d'aria sono
state ricostruite in legno; le Trombe sono state ricostruite sulla base dei
fori sul crivello; il Clarino invece è stato ricostruito sul modello
del Clarino del Callido di San Fortunato (anch'esso dallo Zanni); la tastiera
in legno d'ebano e bosso di 50 tasti con prima ottava corta, è stata
pulita, ristabilito il telaio e ricostruiti i frontalini mancanti; la pedaliera
di 17 note con telaio in abete e pedali in faggio (verniciati in occasione del
traslocco con smalto verde chiaro) è stata riparata e sverniciata; il
somiere maestro (così come quello di basseria) in legno di noce è
stato aperto e rinnovato nelle impellature dei ventilabri, delle cuffie e delle
guarnizioni stagne; tutte le canne dei 17 registri (Ottavino Bassi e Soprani
posto frontalmente su apposito crivello, Flauto in VIII, Trombe B. S., Campanine,
Contrabbassi, Principale B. S., Ottava, Decimaquinta e ripieno fino alla Vigesimaseconda),
sono state pulite, lavate con acqua, risollevate le ammaccature, riparati gli
squarci e riportate all'antica intonazione. Le parti in legno sono state protette
con cera d'api e sottoposte a trattamento antitarlo. Tutte le parti in metallo
sono state disossidate. Lo strumento è stato collocato sul pavimento
a destra dell'altare su apposita pedana. La spesa del restauro dell'organo,
inaugurato il 7 ottobre 2000 dall'organista Andrea Macinanti, è stata
poco più di venti milioni di lire: un vero miracolo! Per tutto questo
diciamo ancora: evviva don Maioli. Certo, che ne sono passati di
anni da quando don Giuseppe pizzicò i suoi primi suoni su quel mandolino.
Ma... pensiamo noi: "se fosse questa la salvezza degli organi?" regaleremmo
un mandolino a tutti!
Rimini
Sabato 3 settembre 2005
Uno splendido Zanin, il malato "principe" degli
organi di Rimini
di Massimo Pacifero
Riprendendo il nostro originario progetto alla scoperta degli antichi
organi (e non) situati nelle chiese della Valmarecchia proseguiamo risalendo
il corso del fiume Marecchia, contrastandone la corrente, fino a giungere alla
sua sorgente, oppure al contrario, ci lasceremo scendere a valle, fin dove il
fiume addolcisce a Rimini le acque del mar Adriatico, fermandoci ogni qualvolta
ci venga segnalata una chiesa in cui dimori un organo sia esso funzionante,
bisognoso di cure , distrutto dal tempo o dall'incuria dell'uomo. Riprendiamo
oggi da Rimini. Visiteremo l'organo meccanico della chiesa del Suffragio costruito
nel 1976 dalla ditta Franz Zanin di Udine. Lo strumento è stato costruito
sopra alcune parti del preesistente organo settecentesco del famoso organaro
Gaetano Callìdo, situato sopra il portone d'ingresso. Diciamo subito
che: "se l'organo è il re degli strumenti", l'organo del Suffragio
è il "principe" degli organi di Rimini. Le mani dei più
illustri organisti si sono sempre trovate a loro agio su queste tastiere sia
con autori di epoca antica e barocca, sia con autori del periodo classico e,
(addirittura) moderno. Questo prezioso strumento è infatti l'espressione
di un progetto meccanico-sonoro unico e versatile nel suo genere. Ma, qui, prima
che ce lo dimentichiamo, ricordiamo che anche le macchine più perfette
devono essere periodicamente revisionate: dopo quasi trent'anni di incontrastato
splendore, la corona del nostro principe si è ormai appannata. Qualche
ansimante suono accompagna ormai da troppo tempo troppe canne stonate
(e scusate il gioco di parole). A far suonare le più di 1300 canne dello
strumento, sono state predisposte due tastiere di 61 tasti, una pedaliera di
32 tasti, 18 registri, tre somieri e una potente elettroventola per dar aria
ai due mantici. I materiali impiegati per la costruzione, sono di ottima qualità:
legno d'abete e bosso per le tastiere, legno di faggio per la pedaliera ricoperta
in rovere scuro, acciaio per le catenacciature, fili d'ottone per le trasmissioni
e l'apertura dei ventilabri. Le canne interne sono state costruite secondo un'antica
lega di stagno e piombo; quelle di facciata, disposte nella tradizionale forma
a cuspide con ali, sono di stagno. Le canne dei contrabbassi sono costruite
in legno di abete guarnite con legno di noce. La consolle è protetta
da due ante con chiusura a chiave ed è spostata a destra per lasciare
spazio al "positivo", posizionato a sinistra rispetto all'organista.
L'organo della chiesa del Suffragio di Rimini si presente come un'autentica
macchina sonora, supportata da una "meccanica" che, oseremo dire,
rasenta la perfezione. Zanin nel suo progetto afferma che lo strumento è
stato concepito secondo un metodo di "trasmissione a sistema meccanico
puro ed integrale". Lo strumento è stato costruito secondo l'arte
organaria più tradizionale, tramite un gioco ad incastro di leve, fili
di metallo, asticelle di legno, pomelli, pedaletti, tavole di trasmissione e
congegni vari. Citiamo solo due caratteristiche di pura meccanica: l'unione
delle due tastiere detta a "cassettone" (sistema per mezzo del quale
l'organista fa scorrere la seconda tastiera avanti e indietro, come un cassetto
appunto, per incastrarla alla prima), e la possibilità di creare una
eventuale registrazione libera tramite i pomelli dei registri ruotabili su se
stessi, disposti su due file a destra, e una fila a sinistra rispetto alle tastiere.
I diciotto registri permettono l'esecuzione di un vasto repertorio. Le file
di ripieno "spezzato" fino alla vigesimaseconda, e i registri solistici
come il flauto reale, flauto in ottava, flauto in duodecima, ottavino e la voce
umana, rendono possibile l'esecuzione di gran parte del repertorio antico italiano;
i contrabbassi, il ripieno combinato e la sesquialtera, sono invece necessari
per le musiche di autori fiamminghi; le ance della tromba e del trombone, sono
indispensabili per il repertorio francese e spagnolo. Il programma del primo
concerto d'organo inserito nella prestigiosa "Sagra Musicale Malatestiana",
che si tenne il 20 agosto del 1976, comprese musiche di Domenico Zipoli, Wolfgang
Amadeus Mozart, Franz Liszt, Tommaso Albinoni e, naturalmente, l'immancabile
Johann Sebastian Bach. Nelle "Sagre Musicali Malatestiane" degli anni
successivi, troviamo musiche di autori come: Andrea e Giovanni Gabrieli, Antonio
Vivaldi, Baldassarre Galuppi e Girolamo Frescobaldi; oppure autori francesi
come Francois Couperin e Louis-Nicolas Clérambault; infine: Johann Gottfried
Walther, Dietrich Buxtheude, Jan Pieterszoon Sweelinck quali rappresentanti
della musica del nord d'Europa. Tutti magistralmente interpretati da organisti
italiani e stranieri di indiscussa fama mondiale: Marcello Girotto, Rino Rizzato,
Stefano Innocenti, Giorgio Carnini, Gian Paolo Ferrari, Maria Grazia Filippi,
Francesco Finotti, Francesco Tasini, Alfonso Fedi, il nostro concittadino Luigi
Ferdinando Tagliavini, Jànos Sebestyen, Leopoldas Digris, Wijnand Van
de Pol, Christopfher Stembridge, Jean-Claude Zehnder, Rudolf Ewerhard, Kenneth
Gilbert, Liuwe Taminga. Quelli furono gli anni ruggenti del nostro "principe".
Poi, dal 1986, lento ma inesorabile fu il declino. Attualmente, la voce non
più chiara e la corona ormai appanna del principe, confermano la
malattia. Non occorrono orecchi da professionisti per rendersene conto: chiunque,
ascoltandone il suono, comprenderebbe le ragioni e la necessità di un
ricovero. L'organo Zanin della chiesa del Suffragio, il "principe"
degli organi di Rimini, è malato: presto, bisogna intervenire! prima
che sia troppo tardi...
Rimini
Sabato 20 Agosto 2005
" Andar per organi in Romagna: a Cervia una 'storia degli
orrori' "
di
Massimo Pacifero
Non guardate dietro a quel muro! Questo potrebbe sembrare il titolo di un misterioso
giallo oppure di un film dell'orrore. Ciò che stiamo per raccontarvi
è in effetti (per gli organisti e per gli amanti del "Re degli Strumenti")
l'ennesima storia degli orrori perpetrata contro questo nobile ed antico strumento
musicale. Negli anni sessanta, nella Parrocchia Cattedrale di "Santa Maria
Assunta in Cervia", l'intera cantoria (posta in alto a sinistra rispetto
all'altare), fu murata con all'interno l'ottocentesco organo meccanico. Ci duole
constatare che poco più di quarant'anni fa, invece di orientarsi al recupero
dello strumento, si scelse, nonostante le proteste del parroco e dei parrocchiani,
una soluzione assai più radicale: murare quell'ammasso di "rottami".
Purtroppo voci venute dalle "alte sfere", ordinarono il misfatto.
In verità le cantorie erano due: di una abbiano già accennato;
nell'altra (murata anch'essa di rimpetto alla prima) fu collocato l'attuale
impianto di riscaldamento. Fortunatamente negli ultimi tempi sta prendendo forma
l'idea di promuovere un progetto atto a riportare a nuova luce (e non è
una metafora) il prezioso romantico strumento. Oggi non abbiamo solcato le morbide
colline dell'entroterra riminese, come invece è nostra consuetudine fare
ma, al contrario, abbiamo percorso la via costiera fino a giungere a Cervia,
in provincia di Ravenna; lo abbiamo fatto solo perché (ne siamo certi)
un caso simile non poteva essere taciuto. Giunti a Cervia (precisamente nella
piazza centrale dove si fronteggiano da un lato la Parrocchia Cattedrale e dall'altro
il Municipio Comunale), veniamo benevolmente accolti dall'attuale parroco don
Umberto Paganelli. Subito gli chiediamo informazioni dell'organo. Dalle prime
affermazioni fatte dal parroco ci rendiamo subito conto di quale tipo di strumento
ci saremmo trovati di fronte: l'organo in questione è di scuola veneta
databile attorno alla metà dell'ottocento, costruito dall'organaro dilettante
Giuseppe Cipriani. La data di morte del Cipriani è incerta, tuttavia
la si deve collocare prima del 1864. Per questo sopralluogo ci siamo avvalsi
della preziosa esperienza del M° Mauro Ferrante (Ispettore per la tutela
per gli organi antichi delle Marche e della Romagna). Il parroco ci guida all'interno
della seicentesca chiesa. Dopo aver oltrepassato una stretta porta, ci siamo
trovati con nostro stupore, all'interno della cantoria murata. Il buio è
totale ed è solo grazie alla provvidenziale torcia elettrica del M°
Ferrante che riusciamo ad intravvedere i resti dell'organo: alla nostra sinistra
troviamo i contrabbassi collocati sopra il loro somiere, ancora nella loro secolare
e originaria posizione. Tali canne sono in abete tinto di rosso con bocche riquadrate
in noce: muti ed immobili monoliti che, con il loro silenzio, sembrano rivelare
a noi il loro assurdo destino causato da scellerati comportamenti passati. Constatiamo
che lo strumento è stato smembrato in tutte le sue parti: le canne più
grosse del principale (ed altre in lamina zincata) sono addossate alle pareti;
quelle di più piccole dimensioni del ripieno (fino alla trigesimaterza
- trigesimasesta) sono invece accatastate in una grande cassa. La tastiera (di
cinquantaquattro tasti con prima ottava cromatica aggiunta successivamente),
la pedaliera (di diciotto tasti più uno accessorio) ed alcune parti delle
catenacciature sono sparse sul pavimento. Poco più in là il fascio
di luce delinea l'inconfondibile profilo del somiere maestro. Mauro, abituato
già a simili situazioni, si getta nell'oscurità incurante
delle ragnatele e dalla possibilità di fare spiacevoli incontri con insetti
e piccoli roditori che, ormai da decenni, albergano indisturbati in quel luogo
desolato. Poco dopo ritorna con un verdetto chiaro e preciso: "Il somiere
è del tipo a stecche (o a tiro), in legno di noce ben lavorato. La secreta
è chiusa da due antine di noce tramite naselli sagomati; all'interno
esistono cinquanta ventilabri in abete (a conferma dell'originaria estensione
di 50 tasti con ottava corta), con guide laterali e tiranti in ottone e tenuta
d'aria tramite cappucci in pelle con perlina". Ritroviamo anche la tavola
lignea sulla quale erano collocati i tiranti a manetta dei registri disposti
su due file verticali. Infine, dopo aver spolverato il listello frontale della
tastiera, leggiamo la targhetta posta al centro di essa e constatiamo che: l'organaro
Felice Burroni di Osimo (metà del sec. XX), attuò un intervento
di restauro e di ampliamento dello strumento. Uscendo dalla cantoria notiamo
in un vano posto sopra di noi, i due mantici a cuneo con le relative funi ed
il motore elettrico. Con soddisfazione possiamo constatare che tutte le parti
dello strumento si sono mantenute in buono stato di conservazione; sembra infatti
che il muro incriminato abbia preservato nei decenni, come in uno scrigno segreto,
tutti i materiali dagli agenti atmosferici e dalla vista di persone senza scrupoli.
Ci auguriamo che in futuro il parroco don Umberto Paganelli, possa trovare validi
collaboratori per realizzare il suo appassionato progetto in favore del recupero
e del restauro di questo romantico strumento. Nel frattempo, se entrando nella
Cattedrale di Cervia vi par di sentire un suono d'organo, non ingannatevi! è
la vostra immaginazione; oppure... sono antichi suoni che, come benevoli spiriti,
da dietro a quel muro chiedono insistentemente di ritornare a nuova vita.
p.s. per ovvie ragioni, non abbiamo potuto esporre il prospetto dell'organo
in questione.
Lunedì 14 febbraio 2005
Nel restauro dell'organo custodito dai frati di Villa Verucchio
la Carim investirà 82.000 euro
Il "Cavaliere" ritroverà la sua voce
Alla Collegiata lo strumento fratello è tuttora in disuso
di Massimo Pacifero
Finalmente è tornato il "Cavaliere"! Intendiamoci, non
parliamo del noto personaggio politico, ma dell'organo costruito dalla ditta
"Inzoli Cavaliere Pacifico e Figli della Premiata Pontificia Fabbrica d'Organi
fondata nel 1867". Nel 1880, il "Cavaliere" costruì presso
la Chiesa S.Croce del Convento dei Francescani di Villa Verucchio (Rimini) uno
dei due organi della zona; l'altro strumento, "il fratello maggiore"
(tutt'ora in disuso) è situato presso la chiesa "Collegiata",
di Verucchio. L'organo dei frati di Villa Verucchio, sarà presto riportato
alla sua originaria voce grazie ad un meticoloso restauro operato della ditta
"Bonizzi e fratelli" di Ombriano di Crema.
Alcune caratteristiche dell'organo le abbiamo direttamente ricavate dalla scheda
dello strumento, gentilmente concessa dalla ditta "Bonizzi".
L'organo è a trasmissione meccanica collocato in cantoria sopra il portale
d'ingresso principale e racchiuso in una cassa lignea addossata alla struttura
muraria. La facciata è formata da ventitré canne in stagno poste
entro una campata e disposte in tre cuspidi.
I tasti bianchi della tastiera sono ricoperti in osso, quelli neri in ebano.
La pedaliera è formata da diciassette pedali. I registri sono azionati
da manette a corsia orizzontale con incastro disposte su doppia colonna a lato
destro della tastiera. La registrazione comprende, oltre ai caratteristici registri
dell'organo (dal principale 16' alla trigesimasesta, contrabbassi ed ance),
registri di derivazione orchestrale (violino, viola, violoncello, dulciana)
e particolari effetti sonori bandistici (timpani, rullante, campanelle e piatti).
Osservando la disposizione fonica dei registri, possiamo affermare che il progetto
rispecchia le caratteristiche della tradizione organaria tardo romantica. L'intero
progetto di restauro avrà un costo di 82000 Euro. La consegna dovrebbe
avvenire nel settembre del 2006. Il restauro è stato possibile grazie
al contributo della Cassa di risparmi di Rimini, alla tenacia di padre Glariano
Pazzini (il quale abbozzò la prima idea di restauro nel 2002) e all'attuale
padre Galesini Mauro. Vogliamo in questa occasione lanciare una provocazione
(non ce ne vogliano i nostri amici della vicina e più "alta"
Verucchio): chissà se i parrocchiani della Collegiata di Verucchio vorranno
essere da meno, oppure ritrovare anche loro, un giorno non lontano, il "Cavaliere"?
Rimini, Venerdì 11 Aprile 2003
All'abbazia del Monte un prezioso organo di fine ottocento
Morbide note stonate
Attende il restauro un positivo del Verati
di Massimo Pacifero
Nella cripta della monumentale e millenaria Abbazia "Santa Maria
del Monte" di Cesena è custodito dal 1975 un piccolo antico organo
Positivo di scuola bolognese. Quando ci avevano avvisato di questo strumento
siamo subito partiti per la città dall''entroterra romagnolo spinti dalla
curiosità e dal desiderio di vedere cosa ci saremmo trovati di fronte.
Le nostre aspettative non sono state deluse! In verità l'organo non è
poi così "antico", stiamo parlando di un organo Positivo della
seconda metà dell'Ottocento dell'organaro "Verati", bolognese,
che negli ultimi decenni è stato notevolmente rivalutato. Arrivati a
Cesena dalla riviera riminese, non ci è stato difficile individuare l'Abbazia
che, dall'alto della nostra sinistra sembra voler sfuggire al cemento dei palazzi
che ormai lambiscono i piedi della collina. Dalla sommità del colle,
ammirando l'incredibile panorama, ci è parso ancor più evidente
il contrasto fra la frenetica vita cittadina e la quiete dell'Abbazia. Basta
un semplice movimento degli occhi per posare lo sguardo su Ravenna o Forlì
oppure (facciamolo questo piccolo sforzo), volgendo lo sguardo ad Est vediamo
Rimini che pare sospesa sul mare. San Marino al contrario è saldamente
aggrappata alla sua roccia. Più all'interno si distendono su morbide
macchie innevate sperduti paesini di chissà quale località dell'Appennino
Tosco-Emiliano. Don Luigi cordialmente ci accoglie e ci accompagna all'ingresso
dell'Abbazia. In verità il vero ingresso, una volta all'interno, è
situato immediatamente alla nostra sinistra. Anche questo però, non reggendo
il confronto con la possente mole dell'edificio, non volge in ampi spazi ma,
timidamente sbuca in un chiostro "piccolo" per giunta (come è
riportato nella guida turistica). Scendiamo nella cripta. Un grande sarcofago
romano (I secolo) a guisa di Altare, è stato riutilizzato per la sepoltura
di San Mauro vescovo. La penombra ci inganna e, fra le varie cappelle laterali
in cui sono collocate antiche statue di terracotta, abbiamo pensato che fosse
collocato l'organo di Adriano Verati. In realtà lo strumento è
posto sotto una piccola navata chiusa (nella parte posteriore all'organo) da
un confessionale. L'organo, prelevato inizialmente dalla chiesa di San Martino
in Bagnola (Comune di Sogliano sul Rubicone) nel 1975, è stato restaurato
con una spesa di £. 242.000. Oggi si presenta in discrete condizioni strutturali
ma è quasi totalmente inutilizzabile a causa della precaria accordatura.
In una nota datata "Cesena 19 Giugno 1975" l'organista titolare Don
Gabriele Tirro scrive: "L'organo è stato costruito dall'organaro
bolognese Adriano Verati, secondo l'indirizzo della scuola organaria del Callido
verso la fine dell'800. Bolli di spedizione per Rete Adriatica da Bologna collocati
su alcune canne di legno e altrove confermano che l'organo non può essere
stato costruito prima del 1885, anno in cui la Strada Ferrata Meridionale che
parte da Bologna cambiò nome in Rete Adriatica. Un cartiglio incollato
nella parte posteriore della cassa porta l'indirizzo del destinatario: "Al
M° Pietro Furiosi, via Savignano sul Rubiconde - Forlì". Per
quanto riguarda laffermazione fatta da don Tirro in riferimento alla scuola
organaria del Callido" dobbiamo essere molto cauti: l'accordatura, l'intonazione
e la scelta dei registri contrastano con la scuola del famoso organaro veneto.
Il registro di viola (le cui canne sono state tagliate per creare un flauto
in duodecima). la terza mano, i campanelli, la tastiera (con estensione da Do-1
a Fa4) con tasti di legno ricoperto e con spezzatura al Mi-3, il ripieno tre
file (XV; XIX; XXII), le manette dei registri inseribili con movimento da destra
a sinistra sono elementi semplicemente sconosciuti a Callido. Unici elementi
in comune sono la disposizione delle canne di facciata, a cuspide con ali, e
la divisione del Principale in "bassi" e "soprani". Spostando
a viva forza il confessionale che chiude la parte posteriore della piccola navata,
riusciamo ad arrivare dietro l'organo e... sorpresa! Una fila di canne di basseria
in legno, con la bocca opposta alle canne di facciata, è situata su un
apposito somiere nella parte posteriore dello strumento. Apriamo la secreta
chiusa dalle classiche "farfalle". Notiamo che i ventilabri sono molto
più grandi di quelli del somiere maestro. Sempre don Tirro, nella sua
nota, riferisce che l'organo dispone di trecentodiciotto canne e che dodici
di esse sono di legno riservate al 16 piedi ma tale registro non è
compreso nelle apposite manette; forse è direttamente collegato alla
pedaliera. Richiudiamo accuratamente la secreta e proviamo a suonare la pedaliera,
niente! Più di qualche tenue ansimante soffio non riusciamo a ottenere.
Probabilmente la tenuta stagna del somiere di basseria è estremamente
precaria. Ci viene anche il dubbio se quel registro non fosse stato aggiunto
postumo. Solo il principale suona discretamente e lo percepiamo con un timbro
caldo, delicato e morbido, perfettamente amalgamato nella caratteristica "scordatura"
della Voce Umana. Lo strumento si divide in due tronconi ben distinti: una parte
inferiore, che comprende la manticeria, la pedaliera (di diciotto pedali) più
un motore elettrico (esterno allo strumento dentro apposito contenitore fonoassorbente);
e una parte superiore per la tastiera, la meccanica, il somiere (a stecche)
e tutte le canne. I campanelli sono nascosti dietro il leggio. Questo piccolo
organo positivo, alto 320 centimetri e largo 147, merita un'accurata opera di
restauro perché, a differenza delle altre preziose opere d'arte con le
quali arreda e nobilita questa antica cripta, non è muto ma ha una sua
voce, una voce che da secoli, assieme alla parola e il canto, sono manifestazione
"sonora" della fede; ambasciatori del misterioso messaggio.
Registri:
I tastiera con inserimento a manetta: flauto 8'
viola 8' dulciana 4'
unda maris clarino 16'
tromba 8' principale 8'
principale16' ottava 4'
XII, XV, ripieno
Pedale: contrabbasso con ottava, basso dolce
II tastiera con inserimento a levette: ottava grave,, ottava acuta, oboe 8' bordone 8' flauto 4' viola 8' celeste 8' concerto viole, corale 8
Tremolo. Pedaletti e unioni: (da sinistra), II pedale, I pedale, II- I, mezzo forte I tastiera, forte II organo
Staffa espressivo.
Rimini, Venerdì 31 gennaio 2003
Suona bene l'organo di Santa Maria
in Cerreto
di Massimo Pacifero
Come nella stupenda chiesa di San Marco a Venezia, vedendo le due belle cantorie
della nostra più vicina chiesa di Santa Maria in Cerreto, a Rimini, immaginiamo
suggestive atmosfere. Gruppi contrapposti di strumentisti e coristi che, concertando
e fondendo le loro melodie in un unico fitto contrappunto, diffondono dall'alto
a tutta l'assemblea, il loro messaggio musicale. Don Marino, il Parroco, ci
invita a "volare basso". Ci informa che la chiesa non è poi
così "vecchia": è del 1930, ricostruita e voluta così
come la vediamo oggi (restaurata di recente dallo stesso don Marino) da don
Aldo Tonelli, accanto all"antica chiesa seicentesca lesionata dal disastroso
terremoto di qualche anno prima. Come l"effetto di una sberla, ritorniamo
in noi e, sconsolati, notiamo file di sedie di fianco al presbiterio: al coro
è negata la dimensione delle "Altezze Celesti". Anche l'organo
giace al livello umano: sul pavimento, dietro una colonna, l"effetto sonoro
è scontato. Il suono, riflettendosi sulla parete opposta, ritornerebbe
da dove è partito, come se le pareti stesse giocassero una partita di
Ping-Pong, trattenendo il suono che, invece di diffondersi lungo le navate,
miseramente si estingue. Accendiamo l"organo! Sopra la chiavetta, posta
a destra, troviamo il nome della ditta organaria: "Frescobalda". A
questo punto gli "addetti ai lavori" si domanderanno perché
dovremmo perdere tempo per un organo del genere. Suona bene! Ecco perché!
Ed è un organo a trasmissione meccanica (aggiungiamo) fatto con materiali
di buona qualità, eccezione fatta per il mobile. Lo diciamo consapevoli
di mettere a repentaglio la nostra modesta reputazione. La delicatezza del principale
ci sorprende: l"aria, quasi densa, la sentiamo uscire dalla bocca della
canna, impastandosi con un suono dal timbro caldo e corposo. Il flauto di 4''
poi (vogliamo davvero esagerare) non ha nulla da invidiare a quello di uno strumento
antico. Incuriositi, tamburelliamo leggermente con le dita (non consigliamo
a nessuno di farlo) sul corpo di una canna: il rumore che ne ricaviamo e caldo
e sordo. Ne deduciamo che nella composizione della lega ci sia una buona percentuale
di stagno e piombo. Ci viene un sospetto! "Non è che nella chiesa
distrutta fosse stato collocato un organo antico del quale si sono riciclati
alcuni registri?" Ebbene sì: l"organo c"era! Fu venduto
negli anni quaranta, con il ricavato il parroco d"allora fece costruire
l"attuale organo, e l"impianto di riscaldamento. Alcuni resti giacciono
in una delle due cantorie ma non siamo potuti salire per controllare perché
sono inaccessibili. Le bocche delle canne di facciata (a cuspide con ali, la
più grande centrale è "la1") sono a scudo con mitria.
Le prime nove canne del principale sono di legno, poste davanti alle canne del
16'' del pedale. Notiamo con grande sorpresa che i registri di principale e
di ottava sono "spezzati" in bassi e soprani al "do3", così
come tutti i registri solistici, nonostante l'unica tastiera (in legno, liscia
e senza alcun tipo di decorazione) sia di cinque ottave. Anche le armoniche
del ripieno sono tutte indipendenti e inseribili da singole manette fino alla
vigesimaseconda. L'unica manetta del ripieno unifica la vigesimasesta e la vigesimanona.
La pedaliera, radiale e concava, ci è sembrata poco consistente e sicuramente
esageratamente leggera al tocco; è composta da trenta tasti (do1- fa3).
L'organo dispone di tre pedaletti: due centrali per l'unione I-P e per il tremolo;
uno laterale per il tiratutti. Partendo dalle canne di facciata sul somiere,
avremo i seguenti registri: Principale; Vox Umana; Ottava; Flauto in XII; Flauto
4', seguono (a scalare) tutte le file del Ripieno e, infine, il cornetto. Smontando
il pannello di destra comprendiamo il perché di un suono così
morbido: i pesi, che devono creare la giusta pressione dell'aria posti sopra
il mantice (a lanterna e di buon fattura), sono costituiti da due soli mattoni.
Il motore elettrico, ai nostri piedi, è un po' troppo rumoroso. Dall'interno
possiamo vedere solo una parte della meccanica e di tutte le parti che compongono
lo strumento ma, tutto ci sembra di buona qualità. Inutile dire che lo
strumento ha bisogno di una "buona" revisione, non proprio di un restauro
(l'organo è del 1950) ma sicuramente di un'accurata accordatura ed intonazione.
Inoltre, che gli sia data giustizia, collocandolo in una delle due cantorie,
così che la sua bella voce possa essere espressa e non repressa. E, non
da ultimo, gli sia cambiato il "vestito": quel cubico quadrilatero
mal si addice alle morbide linee delle navate. Il colore di quel tetro manufatto,
di legno truciolare e di formica, assemblato in maniera sconsiderata, non si
intona con i delicati color pastello della chiesa. Un' offesa all'occhio, resa
ancor più sprezzante dal contrasto con la giovane antichità, di
questa bella chiesa.
Alcuni dati tecnici:
Trasmissione Meccanica;
Tastiera: Una di 5 ottave;
Pedaliera: Radiale concava di 30
note (Do1-Fa3) Registri: Principale
B. Principale S. Ottava B. Ottava S. Decimaquinta,
Decimanona, Vigesimaseconda,
Ripieno 2f. (XXVI-XXIX), Flauto 4',
Flauto XII, Cornetto 2f.,
Vox Umana, Contrabbasso 16';
Unione I/P; Tremolo;
Tiratutti.
Rimini Venerdì 14 febbraio 2003
L'organo della Basilica di Rimini ha caratteristiche romantiche,
poco adatte alla chiesa
Bello, ma fuori spazio-tempo
La posizione non permette al suono di distendersi
di Massimo Pacifero
Inizialmente fu la chiesa di San Francesco poi, fra il 1446 e il 1460, Sigismondo
Malatesta decise alcuni lavori di ampliamento trasformando la chiesa in Tempio,
quello che noi oggi conosciamo comunemente come "Tempio Malatestiano"
(da quest'anno Basilica Cattedrale di Rimini). Le prime opere di ampliamento
furono la costruzione di due cappelle nel 1447, una dedicata a San Sigismondo
e l'altra dedicata agli Angeli; alcuni anni dopo Piero della Francesca firma
lo splendido affresco raffigurante "Sigismondo in orazione davanti a San
Sigismondo". Leon Battista Alberti si dedicò al rivestimento esterno
in marmo della futura Cattedrale, mentre nel 1456 lo scultore Agostino di Duccio
si preoccupò di decorare le cappelle interne. Opera fra le opere, domina
la Cattedrale il crocefisso di Giotto del 1300 circa, posto dietro l'altare
maggiore, come se la grande cupola che lo avvolge fosse stata appositamente
ricostruita dopo la guerra. Dal portone centrale attraversiamo l'imponente mole
della Cattedrale. Come porte del tempo sempre aperte, le cappelle dette "delle
arti liberali"; e quelle " dei pianeti" raffiguranti l'equilibrio
delle sfere celesti, ci proiettano in pieno rinascimento. Immersi ormai in una
mistica atmosfera gotica di un tempo armai lontano, proprio sotto il presbiterio
notiamo l'organo: uno strumento romantico che, pur essendo di buona qualità,
è totalmente fuori spazio-tempo. In alto, ai due lati della cupola, diviso
in due corpi ben distinti incassati in altrettanti vani all'interno del muro,
notiamo le canne. A destra il "Grande Organo" con canne disposte a
cuspide con ali; a sinistra una doppia fila di canne sovrapposte, formante un
tema ad "onda", coprono la cassa espressiva. Da questo particolare
deduciamo che tali canne, pur essendo di metallo, sono mute. In basso a sinistra
la consolle. Ci avviciniamo ad essa. Costruita in massiccio legno, ostenta la
sua solidità. Le plachette dei ventinove registri, delle unioni e di
tutti gli accessori posti sul frontale interno in radica di noce, sono a bilico.
Ognuna delle due tastiere di cinque ottave dispone di cinque memorie fisse e
di quattro memorie aggiustabili tutte inseribili per mezzo di appositi pistoncini,
più quattro memorie generali posizionate sotto la tastiera del Grande
Organo. La pedaliera radiale e concava di trentadue note, è un po' troppo
pesante. Sopra le tastiere spicca la targhetta della ditta di costruzione: "G.Tamburini".
L'organo è stato inaugurato e collaudato nel 1951 da Elvino e Ferruccio
Polverelli, famiglia di organisti riminesi, titolari della Basilica Cattedrale
di Rimini fino agli anni 70. L'organo dispone di due motori (uno per parte)
e di quattro mantici a lanterna equamente divisi. Tale forza "motrice"
crea una pressione tale dell'aria da far suonare il "Tutti" dello
strumento (ma anche alcuni registri: come la tromba al pedale; il principale;
l'eufonio ecc.) incredibilmente forte, addirittura assordante potremmo dire.
L'eccessivo affollamento sonoro è dovuto in parte anche alla posizione
delle canne che, così raccolte all'interno della cupola, non permettono
al suono di distendersi lungo il perimetro della Cattedrale ma, rimane "imprigionato"
all'interno della cupola stessa la quale agisce come una gigantesca cassa sonora.
I suoni non fondono, ma si sovrappongono in un gioco di riflessi e di rifrazione
infiniti. Per fare un esempio è come se in una splendida giornata di
sole noi non potessimo godere della calda luce del sole, ma dal sole ne fossimo
accecati. Qualcuno di voi, per questo, affermerebbe che il sole non è
cosa buona? Il fatto è che l'organo della Cattedrale è sì
un buon strumento ma fuori "spazio-temporale". Ben consapevoli dell'inviolabilità
della Cattedrale vorremmo ugualmente indicare, "ha nostro personale parere",
alcune proposte: 1) Tenere lo strumento così com'è collocandolo,
in un unico corpo, nella cappella di sinistra (non contenendo questa alcun affresco
o altre opere d'arte). Questo comporterebbe un nuovo progetto e restauro totale
dello strumento. 2) Tenere lo strumento così com'è, ma collocare
i due corpi fuori dalla cupola, esattamente sopra le due porte d'uscita laterali.
Verrebbe in questo caso eliminato l'effetto assordante della cupola. 3) Ricostruire
un nuovo strumento meccanico in sintonia con l'aspetto architettonico, acustico,
storico e funzionale dell'ambiente. In verità vi sarebbe una quarta soluzione
(la più economica) che, pur migliorando notevolmente la situazione non
eliminerebbe totalmente gli inconvenienti: un totale restauro (e non una revisione
come di recente e stata effettuata con una spesa di circa venticinquemila Euro),
lasciando lo strumento al suo posto, intervenendo con particolare cura sulla
pressione dell'aria, l'intonazione e l'accordatura di tutti i registri. Non
possiamo infine tacere il dispiacere provato nel constatare che in questa possente
Cattedrale, non c'è la cantoria. Il suono, il canto, la musica, non sono
opere di disturbo alla parola se queste hanno idonei mezzi per esprimersi anzi;
queste nobili arti sorreggono, trasformano, esaltano la parola portando il verbo
anche ai cuori più lontani.
Alcuni dati tecnici
Trasmissione elettrica
2 tastiere di cinque ottave; pedaliera radiale concava di 32 note
Registri del Grande Organo (tutti reali):
Principale 16, Principale forte 8', Principale debole 8', Flauto 8',
Dulciana 8', Ottava 4', XV, Ripieno 5 file, Ripieno 3 file. Tremolo
Registri del Positivo (tutti reali):
Oboe 8', Concerto di viole 8', Eufonio 8', Bordone 8', Viola da gamba
8', Flauto a camino 4', Fugara 4', Flauto XII, Pinino 5 file, Salicionale 8',
Voce celeste 8', Clarinetto 8'. Tremolo.
Registri Pedale:
Contrabbasso 16', Bordone 16', Basso 8', Violoncello 16', Tromba 16'.
(I registri del pedale sono collocati sia a destra che a sinistra)
Unioni:
I-P / I-P sopra / UT / sopra I / sopra II-I / Grave II-I
II- P / sopra II-P / sopra II / Grave II.
Memorie:
Grande Organo: 5 fisse; 4 aggiustabili
Positivo: 5 fisse; 4 aggiustabili
4 combinazioni generali aggiustabili
Staffe:
Graduale / Espressivo.
Rimini
Venerdì 28 Febbraio 2003
La sua Potente voce copriva i lazzi libertini che proseguivano anche in tempo
di Quaresima
LOrgano del carnevale tornerà a suonare?
Il nostro esperto
smaschera unantica diceria: non è un Callido
di
Massimo Pacifero
Nella chiesa di Cerreto (Saludecio) un velo di mistero avvolge lantico
organo. Lunica notizia certa è riportata su un cartiglio posto
sul lato sinistro del somiere: Reverendo don Luigi Piccioni Arciprete
di Cerreto Saludecio Fermo di Cattolica. Il nostro amico Alberto, a detta
di tutti lo storico del paese ci fa notare che lo stile della calligrafia
è quella tipica ottocentesca e che don Luigi è stato parroco a
Cerreto fino ai primi decenni del 1900. Appena arrivati in zona si può
notare la chiesa che, posta sopra le antiche mura dellantico castello
malatestiasno, domina fra tutte le case del paese. Inerpicandoci per le strette
viuzze, il nostro amico Alberto ne approfitta per raccontarci antiche leggende
del paese e parlarci del loro singolare antico carnevale: lUomo Edera;
lAsino che si beve la luna nel pozzo (un somaro meccanico che, situato
sopra un carro spara, per la gioia dei bambini, dolcetti
. dal posteriore;
Il pagliaccio, un pagliaio (cavo al cui interno prendeva posto un paesano) al
quale poi, è appiccato il fuco. Unottima prova di coraggio per
alcuni che, sfidandosi, scommettevano su chi resisteva di più; lultimo
ci ha rimesso la giacchetta e parte della sua folta capigliatura. Fra le risate
della storia del Cannone e quella della Polenta nel Pozzo
siamo ormai arrivati allinterno della chiesa. Un paesaggio desolante ci
accoglie: lintero edificio è un cantiere a causa del restauro in
corso. La nostra apprensione va subito alla cantoria. Lorgano e ingombro
di calcinacci, polvere e ogni sorta di materiale. Un telo copre pietosamente
la facciata delle canne. Siano arrivati fin quassù guidati dalla convinzione
dei cerretani, e non solo, sicuri di trovare un Callido; eppure è bastato
sollevare il copri testiera perché lattesa si tramutasse il delusione:
il Callido altro non era che leggenda metropolitana. Molte sono le prove e prima
fra tutte la tastiera: cinquantotto tasti di legno ricoperti di celluloide.
Sicuramente non originale ma sostituita negli anni cinquanta da un organaro
locale (non era difficile reperire una tastiera vista la vicinanza con la famosa
fabbrica di fisarmoniche di Mondaino, lasciamo a voi giudicare). In secondo
luogo la facciata, con bocche delle canne a scudo, a formare tre cuspidi. Ancora:
lorgano dispone di registri orchestrali come la Viola; il Violino e il
fagotto. Come per fugare ogni dubbio, le ance sono situate dietro alle canne
di facciata; il ripieno è inseribile per mezzo di due manette situate
a destra dello strumento (come per tutti gli altri registri), rispettivamente:
ripieno tre file e ripieno due file. Allinterno dellorgano alberga
una sconfortante sensazione di assoluto abbandono. Fortunatamente nulla è
veramente distrutto come se il tempo, nella sua immobilità,
avesse conservato tutto con cura. Neppure lavvento dellelettricità
a permesso che lo strumento di fosse munito di un motore elettrico. Il mantice,
azionato per mezzo dellapposita asta, soffia e sbuffa ma, non si gonfia.
Lorgano dispone di due pedaletti posti frontalmente in basso, abbiamo
provato a spingerli ma nulla si è mosso. Supponiamo che debbano servire
ad inserire il ripieno e la terza mano. Altri due pedaletti, in legno, si trovano
sulla destra. Uno e mozzato, laltro inserisce il tiratutti (esclusi i
registri orchestrali). Mah! Chi ha costruito lo strumento? Non lo sappiamo,
e questo è il vero mistero. Abbiamo smontato pannelli, sfilato canne,
cercato fra polvere e calcinacci, aperto la secreta del somiere (chiusa da apposite
farfalle) in cerca di una traccia, niente! Anche don Gino Maggioli,
ultimo parroco dal 1952, era convinto che nella sua piccola chiesa fosse stato
installato un Callido: erano proprio tutti convinti! Il sito sul quale di solito
lorganaro lascia il numero dopera e la propria firma è tremendamente
vuoto; una finestrella aperta da cui si riesce intravedere allinterno
la meccanica. Alla fine ci siamo domandati se quellorgano non avesse mai
potuto suonare. Eccome! Lo sentivi suonare nella testa, ci ha risposto
un paesano. Se immaginiamo il tutti dei principali, ottave, ottavino, voce umana,
cinque file di ripieno, violino, viole, flauto, fagotti, trombe, terza mano
e contrabbassi, davvero si doveva sentiva suonare nella testa!.
Che tale potenza dovesse contrastare il gioioso, carnevalesco chiasso del paese?
Spesso a Cerreto capitava che il carnevale si sovrapponesse alla Quaresima.
In una lettera del XVIII secolo così don Nicola Flondi scriveva al Vescovo
di Rimini:
espone come nella sua Parrocchia regni disordine da molti
anni, cui egli colla sola sua voce non poté oviare.. Finita
la funzione, escono fuori molti giovani con cembali, ed altri rozzi istromenti,
e cominciamo a saltare, e danzare nel piccolo spiazzo avanti alla Chiesa con
chiasso, e bagordo tale, che disturbano i Divoti della Chiesa istessa
Alcune femmine poi anche invitate, e prese a forza si traducono in mezzo
a quella scapestrata canaglia
.. e così il ballo diviene anche scandaloso.
Infine dando unultima occhiata allorgano possiamo con cautela affermare
che: seppur non sia un Callido è sicuramente un buon strumento in stile
romantico del tardo ottocento. In futuro ci auguriamo che, come lantico
carnevale si ripresenta oggi con le sue arcaiche maschere, così anche
lorgano ritrovi oggi la sua antica restaurata voce e sia tolto
finalmente quel consunto telo dalla facciata, come un copricapo di colei che
savvicina gravemente al confessionale per redimersi da chissà quale
peccato, con pudore si copre il viso.