L’inconsistenza
della musica liturgica “leggera”
« Sotto la denominazione “musica leggera”, che non si riferisce
a un solo genere, ma ne comprende parecchi assai diversi fra loro (canzonetta,
musica da rivista, musica pubblicitaria, commenti sonori, musica per danza),
si raggruppano comunemente tutti i tipi di musica composti, eseguiti e utilizzati
in epoca borghese per intrattenimento e per svago al di là di ogni gerarchia
di genere e di ogni valutazione estetica: la musica leggera, anche di prima
qualità, si differenzia comunque dalla musica colta, anche se si tratta
di un prodotto epigonico artisticamente inutile, poichè il suo obiettivo
non è quello di allargare l’orizzonte culturale di chi l’ascolta,
bensì quello di produrre e di vendere facendo divertire
o commuovere, sognare o danzare la più larga fascia di utenti di età
e classi sociali diverse. E si differenzia anche dalla musica popolare, benché
in qualche caso venga utilizzata in maniera analoga per ragioni di mercato:
infatti, mentre la musica popolare nasce dall’interpretazione diretta dei
bisogni e delle passioni di chi poi la canta o l’ascolta, la musica leggera
è prodotta e diffusa da specialisti sulla base di una domanda implicita
e spesso indotta.(...)»
(Rossana Dalmonte, incipit della voce “Leggera, Musica”
in “Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti”
edizioni UTET, Torino 1983)
Proprio per la natura stessa
della musica leggera - come sopra leggiamo - possiamo con certezza affermare
che ciò che nel canto liturgico ha le movenze o ammicca in qualche modo
alla musica leggera deve considerarsi bandito dalla liturgia, a causa della
sostanziale inconsistenza artistica e culturale, anche se - apparentemente hic
et nunc crea coinvolgimento ed entusiasmo spesso ingiustificatamente euforico.