BOLOGNA - Chiesa di S. Giovanni Bosco

 

RECENSIONE DEL CONCERTO del 24 gennaio 2004

 

di Stefano Pellini

 

 

 

 

Il Gigante ha fatto tremare tutti.

Il pubblico era numeroso e attento. Dapprima ha preso la parola il Parroco, che ha sottolineato l’importanza dello strumento, sia dal punto di vista artistico-culturale che cultuale. Un organo ancora malato, ma il cui cuore ha ripreso a battere, grazie ad un intervento di “terapia intensiva”.

Il giovane Prof. Giulio Iacoli, Docente di Lettere e ottimo conoscitore di musica, introduce la serata, e presenta ogni brano, sottolineando le sonorità che verranno utilizzate via via.

Apre il programma la Suite Gothique di Boellmann: brano suonatissimo e di facile ascolto, scelto in apertura per avvicinare il pubblico. Tutti i Fondi e le Ance (tutte accordate! Non avete idea di come fossero ridotte prima del concerto…) scatenano un coro possente di voci; il suono avvolge gli astanti e l’esecutore: l’emozione è grande. Il Gigante vuol farsi sentire, e ci riesce!

Nella Priére a Notre Dame i violeggianti del V Manuale si alternano a quelli del IV, in un disegno tenue. Nella Toccata finale si aggiungono via via tutte le Ance e, verso la fine, le mutazioni tutte; infine le due Tube, riportate a una pressione che non è ancora quella d’origine ma comunque superiore a quella precedente, assolutamente insufficiente. Un’osservazione: l’organaro, su mia richiesta, ha smontato le pannellature lignee  all’altezza delle due Tube, che così hanno potuto “sfogare” meglio il suono, così come il V Manuale.

Nel “Vieni Dolce Morte” di Bach, trascritto da Fox, si avverte una sonorità flebile, col canto affidato alla Vox Humana del III. Via via si aggiungono le Ance del Recit. Il brano si ripete, e qui si ha un crescendo grandioso: le Ance del III, quelle del IV,una ad una, quelle del I, del II e del Pedale; e ancora tutte le mutazione e, infine, le Tube, in un clima eroico e grandioso. Poi in un attimo il procedimento si rovescia, e il brano torna alla calma e flebile sonorità iniziale.

Un giovane studente del Conservatorio di Mantova, Stefano Manfredini, esegue con proprietà la Fugue in Mib di Saint-Saens, per poi unirsi allo scrivente per un’esecuzione a due consolles. Fingendo che si tratti di due strumenti separati, i due organisti, dialogano. Si comincia con Ripieni su tutte le tastiere, poi si aggiungono tutte le ance, sino al Tutti finale. Manfredini comanda I,IV e V manuale, mentre Pellini I e III; la pedaliera suona su entrambe le consolles.

Finisce il brano, ma, forse, si è chiesto troppo al gigante: una nota, della Tuba mirabilis ad alta pressione del IV, resta inserita; quasi un grido di dolore. Chi scrive, per nulla agitato, non fa in tempo a rassicurare il pubblico che l’organaro, Alessandro Giacobazzi, ha già risolto il problema. Sa che l’organo è in condizioni precarie, ma lo sa anche il pubblico, che partecipa col fiato sospeso alla riparazione estemporanea. Si riprende dopo un minuto: nell’Elegia di Paolo Gobetti, bel lavoro pubblicato da Carrara, si ascoltano i fondi del IV, la Tibia del V, la Tromba dolce del I, l’Oboe orchestrale del V e, infine, la Voce Celeste del III e la Voce angelica (3 file) del V, accompagnate dai fondi di 32’ al Pedale.

La Marche su tema di Haendel di Guilmant vede i fondi e l’Oboe del III lasciare il posto a un coro di Ance; si aggiungono gli squilli delle Tube. Si cresce fino al poderoso Tutti finale.

Nella splendida Chanson de matin (un mattino anche per il Nostro strumento?) all’ascolto dei flauti dei vari corpi (che meraviglia quello triangolare di 4’ del III e quello armonico del I !) si aggiunge quello del favoloso Corno armonico (ancia con risuonatori chiusi da un curioso “cappello”) del III.

Col Tuba Tune di Lang, brano forse un po’ pacchiano, ma tanto gradevole all’udito, le Tube, ora sole, ora rinforzate da altre Ance dei manuali, con l’accompagnamento delle Misture del  Positivo, con la Bombarda di 32’ e 16’ del Pedale, ridestano chi, per caso, si fosse assopito!

Nell’ Adagio di Barber si alternano i battenti del V, il Violoncello Celeste e la Viola celeste 4’ del IV, il Coro Viole a 5 file del III. Si aggiungono via via i Fondi. Chiude il Cor de nuit celeste (tre file) del Positivo, accompagnato dai 32’ piedi soli. L’emozione suscitata nel pubblico da questo brano è intensa.

Chiude un concitato movimento della Sesta Sinfonia di Widor, che, come l’indice di un libro, ripropone le varie sonorità ascoltate sinora, Tube incluse.

E il “bis”: un’elaborazione, con tanto di fuga, di una nota sigla televisiva, su richiesta degli organizzatori. Il tema è cantato con l’ausilio della Settima, registro che, unito a flauti di 8 e 4 del I, produce l’effetto grazioso di campanelli. Al pedale la Bombarda e il Trombone di 16’, impiegati da soli, imitano il suono dei Fagotti dell’orchestra. Entrano, trasmesse al Pedale, le Tube di 8’ e 4’. Poi la fuga, con la mano destra sul Ripieno del III e la sinistra sul Ripieno 11 (!) file, dai ritornelli gravi, del IV. Il tema rientra al tenore, cantato dalle Tube. Il Pedale, che ha la sua voce indipendente, vede l’impiego della bella Mistura, molto sonora e chiara.

Che dire ancora?

Vi assicuro che di guai l’organo ne ha dati tanti durante il concerto: nessuna cassa espressiva funzionante, note che si tacitavano da sole, registri che non si disinserivano; il tutto, per fortuna, limitato a qualche caso! Ma era tutto tenuto in conto.

Ma la soddisfazione è stata tanta: la Comunità ha riscoperto di avere un Signor Organo (la domenica successiva, Festa di san Giovanni Bosco, l’Organo si è fatto sentire in tutte le Celebrazioni liturgiche); il pubblico, che ha poi potuto visitare il piano inferiore dell’organo, dove sono collocati orizzontalmente i 32’, ha dimostrato tanto entusiasmo.

Prima di lasciare il pubblico, ho preso la parola, suggerendo un pensiero che più o meno suonava così:  quest’organo è come un poeta ammalato in un letto d’ospedale; ci recita un proprio componimento, bellissimo, ma tossisce qua e là, fa fatica a parlare, si interrompe, ha dei singulti, sembra fermarsi, ma perdura. Il cuore è buono, ma ha bisogno di cure. Ma la poesia, quella, c’è, e chi vuole intenderla la intende.

Un plauso al giovane Alessandro Giacobazzi, che credo abbia dimostrato di avere le carte in regola per riportare il malato sulla via della completa guarigione. Guarigione che, nelle previsioni, partirà a primavera.

L’accoglienza dei Padri Salesiani è stata fantastica.

La pubblicità è stata assicurata dalle vie virtuali, grazie all’interessante di molti siti: un grazie anche allo staff dell’AIOC, che attraverso gli amici Paolo Bottini e Lorenzo Bonoldi (web master) ha dimostrato interesse e ha contribuito a dare risonanza sul web all’evento. Il quotidiano “La Repubblica”, inoltre, ha pubblicato un bell’articolo, collocato in ottima posizione nella pagina degli Spettacoli. Un grazie anche a Marcello Salvi di Cesena, vera anima di tutto questo fermento attorno allo Strumento.

Un sito di nuovissima apertura documenta il tutto: www.organosangiovanniboscobologna.org .

Suonare un organo efficiente è bello e facile; suonare un organo non efficiente (ma, almeno, bello) è cosa già più ardua. Se poi ha 5 tastiere e 160 registri, diciamo pure che non è una passeggiata. E’ una sfida che ho accettato volentieri. Il risultato sarà stato pure non eclatante (non sta a me giudicare), ma, si sa, il mondo si divide in due categorie: quelli che lavorano e quelli che stanno a guardare o, peggio ancora, pontificano sull’operato altrui. Dagli antichi ci vengono due ammonimenti: “in labore virtus et vita”( nella fatica, nel lavoro stanno il valore e la vita), dicevano i Latini. E dall’Oriente, un’ olimpica saggezza: “meglio accendere una piccola fiammella che maledire l’oscurità” (proverbio Zen).

 

                Stefano Pellini

 

 

 

Forum con l'intervista al M° Stefano Pellini riguardo il concerto

 

 


 

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