IL GREGORIANO TRADITO

Status quo e prospettive per il canto ufficiale della Chiesa

 

 

Tutti sanno che “La Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della Liturgia romana: perciò nelle azioni liturgiche, a parità di condizioni, gli riservi il posto principale” (Concilio Vaticano II: Costituzione “Sacrosanctum Concilium” sulla Sacra Liturgia, n.116).
Questa solenne affermazione, vecchia di quasi quarant’anni, risuona ancora attualissima e purtroppo praticamente tutt’ora inascoltata nella Chiesa Cattolica Italiana: chiunque infatti può sperimentare che al canto gregoriano è riservata una parte di assoluta irrilevanza nella Liturgia, e questo semplicemente a motivo che il gregoriano non ha ancora raggiunto “parità di condizioni” con il canto religioso cosiddetto “popolare”, ovvero quest’ultimo non ha assunto una tale dignità poetico-musicale da poter competere con la quella venerabile e antichissima melodia che ha saputo “infiammare” la Parola di Dio.
Ecco perchè ascoltando lo scorso sabato 22 novembre a Roma l’esecuzione - da parte della Schola gregoriana del Duomo di Cremona diretta da Massimo Lattanzi in servizio presso la Basilica di S. Pietro in Vaticano in occasione del convegno nazionale sulla musica sacra AISC - nella S. Messa delle 7.15 alcuni canti della grande secolare tradizione del canto della Chiesa, erompeva in me un senso di grande nostalgia misto ad una sensazione di autentica e profonda “elevazione” spirituale.
Il canto cosiddetto “gregoriano” - va detto - è un canto sostanzialmente “specialistico”, un repertorio costituitosi appositamente per essere eseguito da professionisti dell’ugola, e così era naturale che accadesse perchè la Liturgia - culmine e fonte della vita cristiana - necessita del meglio della capacità creativa della mente umana a lode di Dio e a favore della edificazione dei fedeli.
Per questo la Chiesa ha raccomandato “che si prepari una edizione (dei libri di canto gregoriano) che contenga melodie più semplici, ad uso delle chiese minori” (op.cit., n. 117): ciò significa che il gregoriano va cantato, se possibile, da tutte le assemblee e non solo dai cori liturgici!
Purtroppo attualmente certuni credono che il “vetusto” e “desueto” canto gregoriano non possa più far parte della Liturgia odierna perchè non ritenuto in grado di favorire quella invocata “actuosa participatio” troppo spesso indicata esclusivamente con un “fare” visibile e concreto e con un “dire” sproloquiante in assenza dei quali si crede che il fedele rimanga muto ed inerte spettatore dei sacri riti, sottovalutando però in questo modo la sensibilità umana che è in grado di avvicinarsi all’Altissimo non solo col “fare” corporeo ma anche con il “fare” mentale e “cordiale” del semplice ascolto: meglio ascoltare in religioso silenzio la sequenza “Dies irae” piuttosto che un rumoroso salmo responsoriale urlato al microfono e accompagnato dalla grattugiante chitarra di turno, e se qualcuno auspica il contrario vuol dire che deve acquistare in sensibilità liturgica e in cultura musicale generale, oltre che peccare di presunzione pastorale!
Oso affermare che ciò che manca oggigiorno è proprio la cultura musicale generale di base in primis nella scuola pubblica ma anche - e soprattutto - nelle nostre parrocchie, fin dai primi momenti della formazione cristiana. E ancora, il problema sostanziale non sta proprio nella musica, ma ancor prima nel modo con cui si percepisce e si affronta lo stesso rendere culto a Dio: “culmine e fonte della vita cristiana” oppure dovere da assolvere per “precetto”?
Urge perciò rafforzare alquanto la ancora scarsa buona educazione liturgica - ancor prima che musicale - dei laici ad ogni livello ma anche nella formazione dei sacerdoti e dei religiosi come recita l’istruzione “Musica Sacram” al n. 51 (Sacra Congregazione dei Riti, 1967): “Nei seminari (...) come pure negli istituti e scuole cattoliche (...) si incrementi prima di tutto lo studio e l’uso del canto gregoriano che, per le sue caratteristiche, è una base importante nella educazione alla musica sacra.”
Il cammino da fare è ancora molto, ma quando avremo la sensazione di vivere una liturgia provando la più grande emozione, allora saremo pronti per concedere alle nostre orecchie di ascoltare “L’antico canto gregoriano tradizionale (che) dovrà dunque restituirsi largamente nelle funzioni di culto, tenendosi da tutti per fermo che una funzione ecclesiastica nulla perde della sua solennità, quando pure non venga accompagnata da altra musica che da questa soltanto”. (S. Pio X Papa, Motu proprio sulla Musica Sacra, 1903).


Pino Bailotto


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